6 March 2012

Quale alternativa al PIL per misurare il benessere di un paese?

«Sono fermamente convinto di una cosa: non cambieremo il nostro comportamento se non cambiamo il modo in cui misuriamo la nostra performance economica». Con questa affermazione Nicolas SARKOZY introduce la prefazione al libro “La misura sbagliata delle nostre vite” di Joseph E. STIGLITZ, Amartya SEN e Jean-Paul FITOUSSI, il cui obiettivo è quello di individuare una variabile alternativa al PIL (Prodotto Interno Lordo) per valutare, come recita il sottotitolo, “benessere e progresso sociale”. Quindi, è il comportamento degli individui che deve modificarsi, adattandosi passivamente alle regole imposte o dettate dai modelli economici, politici e sociali oppure sono questi ultimi che, sulla base dei comportamenti individuali devono conformarsi ad essi? Un dilemma che lascia aperta la porta ad un ampio dibattito pubblico, perché differenti sono gli scenari che si possono inquadrare qualora prevalga un’opinione piuttosto che un’altra. Una cosa, tuttavia, pare certa: occorre abbandonare con convinzione il fatto che il comportamento degli individui sia caratterizzato da “razionalità”. Un’ipotesi che potrà essere presa in considerazione a due condizioni. La prima è quella che si propone come propedeutica alla elaborazione di un modello di analisi che, per costruzione, dovrà necessariamente ipotizzare che gli individui, nell’operare le proprie scelte, perseguono l’obiettivo della massimizzazione della personale utilità. Questa, tuttavia, non sempre è quella che si configura come ottimale. Infatti, al soggetto decisore manca spesso la facoltà (o la possibilità) di valutare, con tutta tranquillità, quale scelta gli consente di apportare il maggior beneficio/vantaggio al proprio benessere nel momento in cui prende una decisione. Entra, così, in gioco la seconda variabile del problema: la conoscenza. Gli individui, generalmente, prendono le decisioni sulla base di preferenze che non coincidono, in termini di utilità, con le esigenze da soddisfare. Queste, in un mercato in cui beni e/o servizi differenziati sono in grado di soddisfare bisogni personali, le preferenze possono essere riviste e riformulate solo se gli individui sono a conoscenza delle conseguenze positive e negative che ogni decisione alternativa comporta. E’ nell’ambito di questa cornice che gli studi dovranno concentrarsi per elaborare un modello economico la cui finalità sia quella di individuare gli strumenti più idonei per raggiungere quel punto di equilibrio nel quale il benessere sociale raggiunge il suo apice.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Il Futurista del 24 ottobre 2011 con il titolo «C'è solo il PIL per misurare il benessere di un Paese?»

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