31 March 2016

Globalizzazione e disoccupazione giovanile (terza e ultima parte)

(segue) - Per l’analisi del contesto internazionale, una ricerca empirica potrebbe prendere in considerazione dati panel relativi ad un determinato periodo storico, utilizzando come variabile economica indipendente la penetrazione di un paese (o gruppi di paesi) in Italia, dopo aver, opportunamente, ripartito il territorio in tre macro aree geografiche, ossia: Nord, Centro e Sud. La ricerca potrebbe evidenziare, ad esempio, in quale misura l’invasione dei prodotti “Made in China” sul mercato nazionale incide sul tasso di disoccupazione giovanile oppure in che modo l’appartenenza all’Unione Europea impatta sulla medesima variabile economica oggetto di studio. I risultati possono essere sorprendenti. Da un lato, potrebbe emergere come la politica di offshoring incida negativamente sul livello di disoccupazione giovanile mentre, dall’altro, la membership con l’Europa abbia riflessi positivi, in barba a chi sostiene che l’Europa e l’euro siano la “madre di tutti i mali” della situazione in cui versa l’economia nostrana. Per lo scenario domestico, invece, si potrebbero prendere in considerazione serie storiche riferite ad uno specifico periodo, in modo da poter illustrare l’impatto delle principali teorie economiche, delle credenze popolari e delle politiche pubbliche sul tasso di disoccupazione giovanile. In questo caso, le variabili economiche da considerare sono numerose. A titolo esemplificativo e non esaustivo, le relazioni inflazione/disoccupazione e prodotto interno lordo/disoccupazione forniscono due importanti informazioni per verificare la validità delle teorie economiche (Curva di Phillips e Legge di Okun), così come il fenomeno dell’immigrazione e appartenenza all’euro possono essere studiati per confermare o smentire alcune credenze popolari, mentre l’efficacia delle politiche pubbliche potrebbe essere valutata attraverso il volume degli investimenti pubblici e la pressione fiscale. Infine, un ruolo importante, potrebbe essere giocato dal livello di scolarizzazione dei giovani per verificare in che modo il loro percorso di studi possa incidere sullo status di disoccupato. In definitiva, mentre la teoria economica spesso tende a spostare l’orizzonte di analisi nel lungo periodo, i problemi economici di un paese richiedono risposte immediate o di breve periodo. Tuttavia, se la teoria economica insiste nel lasciare il mercato libero di raggiungere il suo equilibrio nel lungo periodo, allora sarebbe sufficiente attendere il trascorrere del tempo senza sforzarsi di trovare oggi politiche pubbliche per risolvere i problemi. L’importante, però, è essere consapevoli, come ha sostenuto l’economista britannico John Maynard Keynes (“A Tract on Monetary Reform”, MacMillan and Company Ltd, 1923), dell’inutilità di tale attesa, in quanto «nel lungo periodo siamo tutti morti».

AuthorEmanuele COSTA
Published byIl Nuovo Picchio n° 1/Gennaio 2016 con il titolo «Globalizzazione e disoccupazione giovanile»