15 February 2016

Globalizzazione e disoccupazione giovanile (seconda parte)

(segue) - Il successo di un Paese o di una politica sta proprio nell’avere la capacità di individuare le opportunità nascoste. La vittima “par excellence” è rappresentata da un sistema economico rigido, incapace di adattarsi al cambiamento e di operare nel mercato globale. La globalizzazione, infatti, non ha ridotto la dimensione del mercato, ma l’ha ampliata notevolmente. Le aziende si sono così trovate improvvisamente a doversi confrontare con numerosi competitori internazionali dotati di una forza lavoro non solo più abbondante, ma soprattutto a buon mercato. Se a questo vantaggio comparativo si aggiungono la riduzione dei costi di trasporto, lo sviluppo di nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione e, ultimo ma non meno importante, l’ampliamento della gamma dei prodotti/servizi commercializzabili, risulta ben chiaro come le aziende nazionali reputino conveniente trasferirsi all’estero per sfruttare tutti questi benefici e sopravvivere in un mercato il cui tasso di competitività è cresciuto sensibilmente. Tuttavia, così come i Paesi in via di sviluppo sono dotati di questo vantaggio comparativo (costituito da una forza lavoro abbondante, non specializzata ed economica), allo stesso modo i paesi industrializzati devono saper sfruttare il loro vantaggio comparativo, rappresentato da tutta una serie di fattori intangibili compresi nella forza lavoro specializzata (a titolo esemplificativo e non esaustivo: know-how, esperienza, istruzione) che spesso sono la materia prima dei processi di produzione trasferiti all’estero. In sintesi, le imprese nazionali si sono trovate di fronte ad un bivio: da un lato, sopravvivere in mercato internazionale sempre più competitivo, cercando di sfruttare tutte le opportunità offerte e, dall’altro, fallire sul mercato interno, ostile ad accettare i cambiamenti in atto. Alla luce di quanto sopra, gli studi economici potrebbero incentrarsi sull’eventuale analisi empirica che metta in evidenza l’esistenza di eventuali relazioni esistenti tra alcune variabili economiche ed il tasso di disoccupazione giovanile in Italia. In particolare, da un lato, si potrebbe considerare lo scenario internazionale, con specifico riferimento al ruolo giocato dai paesi asiatici, generalmente imputati di essere i principali fruitori delle politiche di offshoring e, dall’altro, considerando il contesto interno, con riferimento ad un mix di fattori che la credenza popolare ritiene essere i principali responsabili del fenomeno analizzato. Nel concreto, la ricerca potrebbe svilupparsi considerando l’effetto prodotto: dalla globalizzazione, attraverso l’indice di penetrazione delle importazioni, e dal mercato interno, attraverso alcune variabili reputate (teoricamente, popolarmente o politicamente) responsabili. (continua)

AuthorEmanuele COSTA
Published byIl Nuovo Picchio n° 10/Novembre-Dicembre 2015 con il titolo «Opportunità nascoste, la svolta degli Stati»