27 June 2015

Verso la crescita negativa

L'estate che si avvicina si preannuncia calda. Al di là di ogni più rosea previsione meteorologica, i mercati sembrano prepararsi a dover sopportare temperature roventi. Ciò che, tuttavia, non è ancora sufficientemente chiaro è se le aspettative di una ripresa dell'economia a regime siano solo un fuoco di paglia oppure consistano in solide basi di un miglioramento destinato a manifestare la sua tendenza nel tempo. La progressiva iniezione di liquidità, attraverso la politica monetaria espansiva portata avanti dalla Banca Centrale Europea con il quantitative easing, è vista con favore da molti, pur con qualche incognita dettata dalla prudenza. In effetti, gli interrogativi dei detrattori potrebbero presto trovare terreno fertile in qualche risposta. Il paradosso, infatti, è già alle porte. Per anni, ed in Italia questo è un dato di fatto, la gestione dell'inflazione è stata considerata la madre di tutti i mali del sistema economico. Essere riusciti, con enormi sacrifici, ad azzerare il valore di questa variabile si è rivelato un processo molto lungo e difficile. Ora, come d'incanto, i prezzi sembrano dare un segnale di risveglio. L'elemento che più di tutti preoccupa è rappresentato dall'intensità che avrà questa uscita dal letargo. Una spinta inflazionistica che, se confermata, dovrebbe impiegare pochi mesi a riportarsi su valori ritenuti accettabili dall'autorità monetaria europea e dai quali, al contrario, aveva impiegato anni a scendere verso lo zero. I mercati, dal canto loro, non sono mancati all'appello. Hanno reagito alla notizia tempestivamente, in maniera nervosa, e, soprattutto, negativamente. Se la ripresa è effettivamente iniziata, a breve anche i tassi di interesse inizieranno a reagire nella medesima direzione, con buona pace di coloro che ne predicavano i positivi effetti. L'incremento dei tassi di interesse impatterà negativamente sui corsi azionari, sulle quotazione dei titoli del debito pubblico e, ultimo ma non meno importante, sui conti dello Stato. L'aumento dell'inflazione, per contro, si riverbererà sulle pressioni sindacali, che presto faranno sentire la loro voce, sfociando in accese rivendicazioni salariali e facendo temere un autunno incandescente dopo l'estate calda dei mercati. La crescita della spesa pubblica, per l'effetto congiunto di un andamento analogo dei prezzi e dei tassi di interesse, potrebbe richiedere al Governo di mettere mano agli equilibri di bilancio attraverso la leva fiscale. Alla fine, ciò che si rischia è di deprimere ancora di più la produttività dei lavoratori che vedranno i salari ridursi, grazie all'ipotetico intervento fiscale, ed erodersi, per effetto dell'inflazione, rimangiandosi il bonus fiscale degli ottanta euro. Tutto ciò, però, avverrà "brindando" alla tanto sospirata ripresa economica. Chi ne beneficerà non è ancora chiaro, perché i lavoratori (siano essi occupati da tempo o neo assunti) potranno dover accettare di convivere con un salario nominalmente inferiore. In altre parole, il detto "guadagnare meno, lavorare tutti" non sarà più un tabù!

AuthorEmanuele COSTA
Published byIl Nuovo Picchio n° o5/Maggio 2015 con il titolo «Verso la crescita negativa»