29 March 2012

La dismissione del patrimonio pubblico è la vera salvezza?

Per uscire dall'impasse sulla dimensione del debito pubblico, che ormai si è attestato intorno al 160 per cento del prodotto interno lordo, la Grecia, dopo un lungo braccio di ferro con le istituzioni europee, si è trovata costretta a mettere sul piatto un piano ambizioso di privatizzazioni la cui entità monetaria si avvicina alla cifra di trecento miliardi di euro. In Italia la questione sulla dismissione del patrimonio pubblico è sempre allo studio, in perenne fase embrionale, pronta ad essere partorita qualora la situazione passi da un livello critico ad uno insostenibile. Ma le privatizzazioni costituiscono a tutti gli effetti la giusta soluzione per uscire da un vicolo cieco? Un dilemma sul quale si dibatte da anni e che non ha ancora trovato un'ampia condivisione, piuttosto che una soluzione definitiva. Questo non solo perché dalla vendita del patrimonio pubblico si tamponerebbe l'emergenza una sola volta, configurandosi come l'ultima spiaggia, ma anche perché una volta messo sul mercato per fare cassa, allo Stato non rimarrebbe, in futuro, altra fonte di entrata che quella derivante dalla manovra della leva fiscale. E poi, per quale motivo cedere il patrimonio pubblico frutto di acquisti operati in passato con risorse prelevate alla collettività? Non sarebbe allora da sollevare la questione di legittimità sulla circostanza che una parte dell'incasso derivante dall'operazione di smobilizzo spetti, sotto forma di rimborso, ai cittadini? Quest'ultimo è un interrogativo sul quale occorre riflettere, aprendo un'articolata discussione pubblica, perché quando si parla di "patrimonio pubblico" significa che la proprietà appartiene a tutti ed i governanti di turno ne dispongono solamente, avendo l'obbligo di custodirlo e di farlo fruttare a dovere come un qualsiasi investimento produttivo. Si è poi sicuri che una volta incassato il "malloppo" il problema che era alla base della vendita sia risolto definitivamente? La risposta non può essere affermativa, anche perché l'acquisto del patrimonio pubblico potrebbe avvenire anche con risorse che per anni sono sfuggite al controllo del fisco. In questo modo, lo Stato subirebbe un duplice danno: incasserebbe risorse derivanti da "rendite fiscali" e si troverebbe al contempo privato del suo patrimonio. Un risultato a somma zero!
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Il Futurista del 30 agosto 2011 con il titolo «La dismissione del patrimonio pubblico è la vera salvezza?»

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