31 December 2011

Europa Unita: su quali politiche?

Dopo circa due anni di tassi di interesse descrescenti e poi mantenuti costanti ad un livello molto basso (1,00%), la Banca Centrale Europea ha iniziato ad orientare la propria strategia verso una politica monetaria restrittiva. La decisione non può dirsi "sofferta", tenendo conto delle persistenti difficoltà in cui ancora si trovano le finanze pubbliche di alcuni Stati membri. Può definirsi, a ragione, "scontata", perché prima o poi, in assenza di politiche socio/economiche mirare a risanare, da un lato, disavanzi pubblici e rilanciare, dall'altro, un sistema economico entrato in coma profondo, la spinta inflazionistica avebbe manifestato la sua naturale tendenza al rialzo. Non è un mistero che uno dei principali obiettivi perseguiti dalla politica della Banca Centrale Europea è quello di evitare "spirali salariali". E' normale, quindi, domandarsi se l'aumento del tasso ufficiale abbia veramente la capacità e la forza di incidere sulle retribuzioni, anziché su altre variabili come, ad esempio, sui prezzi. Occorrerebbe, conseguentemente, approfondire l'analisi sulle dinamiche che spingono i prezzi al rialzo, che costituiscono la base di calcolo dell'inflazione (e non i salari), perché non sempre l'incremento degli stessi nasce da tensioni rialziste del reddito disponibile. L'aumento dei prezzi spesso è la risultante di altri fattori che non hanno nulla a che vedere con il costo del personale, ma più banalmente dipende da altri elementi: ad esempio i costi energetici (inflazione importata) oppure i costi organizzativo/produttivi (inflazione strutturale). E' necessario ed opportuno valutare se sia corretto che la politica monetaria sia gestita per tutti gli Stati membri da un unico soggetto (la Banca Centrale Europea), mentre altre politiche, le cui decisioni impattano sull'economia (ad esempio, la politica fiscale), continuino ad essere governate autonomamente da ogni Stato appartenente all'Unione Europea. Questo modus operandi se teoricamente potrebbe essere accettato, compreso e condiviso da tutti, non è detto che, nel lungo periodo, non rappresenti il driver di squilibri ancor più gravi di quelli attuali. Il rischio che si prospetta all'orizzonte è quello di un contesto che a fronte di una Europa Unita (sotto il profilo monetario) si contrapponga una Europa disunita (sotto l'aspetto sociale). Verso quale scenario ci stiamo dirigendo?
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Il Futurista del 11 luglio 2011 con il titolo «Va bene l'unione monetaria, ma si lavori sulla coesione sociale»

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