28 December 2011

Da un'Amministrazione per atti a un'Amministrazione per fatti: implementare il Controllo di Gestione

Implementare il Controllo di Gestione all’interno di un’Amministrazione Pubblica non significa esclusivamente introdurre nuovi strumenti di lavoro, ma anche nuove procedure. Ritenere che l’attività di controllo sia un processo produttivo meccanico/automatico, non solo è riduttivo, ma è uno dei principali errori in cui si ricorre: i compiti del controller non consistono in primitive rilevazioni, classificazioni ed analisi delle informazioni, ma si articolano in operazioni più complesse. Va condivisa l’opinione che l’introduzione del Controllo di Gestione farà concepire l’attività dell’Ente in un’ottica differente e l’approccio alla risoluzione dei problemi sarà affrontato con visioni strategiche e non con la classica miopia. Senza pretendere di definire in modo esaustivo il Controllo di Gestione, si può affermare che consiste in un insieme di strumenti e tecniche in grado di mettere a disposizione della direzione politico/amministrativa le informazioni capaci di far comprendere meglio la realtà e consentire l’adozione di politiche razionali. Il Controllo di Gestione risponde ad esigenze informative interne e non esterne (se non di riflesso) la cui mission è quella di favorire il raggiungimento dei target predefiniti in sede di programmazione, rivelando la sua piena utilità nel momento in cui fornisce linee guida al management. Le informazioni sono utili nel momento in cui consentono di assumere decisioni razionali, anziché istintive, impiegando le risorse con efficacia ed efficienza. L’informazione da produrre deve essere preceduta da un’analisi costi/benefici, ossia, nel momento in cui i benefici derivanti dalla sua disponibilità sono maggiori dei costi sostenuti per produrla. L’obiettivo che deve perseguire il Controllo di Gestione è quello di sviluppare strumenti che consentono attività di monitoring in itinere senza, tuttavia, far perdere di importanza all’analisi storica per due ordini di motivazioni: 
  • il primo, perché molti aspetti dei fenomeni monitorati mantengono nel tempo i loro connotati essenziali; 
  • il secondo, perché anche dove la continuità e la ripetitività di un fenomeno non esiste più o risulti sfumata, le riflessioni sul passato rappresentano uno stimolo alla ricerca di quelle criticità che aiutano a rimettere in discussione e verificare la validità delle scelte effettuate e delle strategie perseguite. 
In sintesi, solo considerando le criticità come fonte di apprendimento si potrà sviluppare quell’esperienza da cui maturare una maggiore competenza. Un primitivo approccio al Controllo di Gestione è quello di predisporre report semplicistici da utilizzare come embrionale punto di partenza per individuare le informazioni di base da esplodere successivamente in input maggiormente dettagliati. L’implementazione del Controllo di Gestione deve viaggiare parallelamente al rinnovamento culturale in quanto il primo svuota di significato e contenuto il secondo. E’ importante rendersi conto che, solo dal confronto e dalla conoscenza reciproca delle principali esperienze, pregi e lacune emergenti ci si può arricchire reciprocamente nella prospettiva del miglioramento continuo. Questo interscambio dovrà avvenire nella consapevolezza che non esiste un paradigma universalmente riconosciuto cui uniformarsi, ma che la configurazione del Controllo di Gestione è quella di un sistema al servizio di esigenze gestionali interne di realtà, con proprie e irripetibili caratteristiche organizzative, decisionali e strumentali. Nonostante le difficoltà che si possono incontrare implementando il Controllo di Gestione, la fonte motivazionale è da ricercarsi nella prospettiva dei non quantificabili benefici che la futura attività è in grado di apportare:
  • all’Ente che decide di inserirlo a pieno titolo nella struttura organizzativa (benefici organizzativo/strutturali);
  • alla comunità sulla quale incide l’attività amministrativa (benefici sociali). 
Il punto di partenza consiste in una provocazione: in altre parole ci si chiede se è veramente possibile realizzare sistemi di Controllo di Gestione nelle Amministrazioni Pubbliche, oppure si tratta di esperienze destinate a rimanere sterili obblighi normativi parzialmente realizzabili, se non addirittura abortite prima del concepimento. Ragionando per assurdo, i primi passi vanno nella direzione di individuare sia le criticità potenziali, sia i fattori critici di successo. Le prime, innescano un’azione frenante all’attività di Controllo di Gestione, mentre i secondi iniettano linfa vitale nelle arterie di un Ente Pubblico il cui colesterolo, espresso in termini di burocrazia, calcifica l’azione amministrativa su procedure spesso inutili e ridondanti. E’ importante convincersi che ogni criticità non deve mai essere elevata al rango di minaccia, in quanto rappresenta al tempo stesso un’opportunità di miglioramento e, di riflesso, un fattore critico di successo. Nonostante i differenti ostacoli cui va incontro l’attività di Controllo di Gestione, la prima barriera da superare è quella culturale. Infatti, ogni essere umano, per sua natura, non si orienta con spirito favorevole al cambiamento che incide sul modus operandi quotidiano, in quanto la novità è percepita come un potenziale pericolo che va ad influenzare quello spazio di movimento, acquisito e costruito con fatica nel tempo. In altre parole, il cambiamento è tradotto come una progressiva perdita di un potere consolidato, che si ritiene non suscettibile di mutamento, sia esso migliorativo o innovativo. E’ necessario, pertanto, investire le prime risorse nella comunicazione interna al fine di far comprendere ai diversi attori, impegnati a recitare la loro parte nello scenario dell’Ente, che il Controllo di Gestione non è finalizzato all’ispezione e alla punizione, ma è uno strumento di guida indirizzato a verificare l’andamento delle attività nell’ottica della ricerca continua del miglioramento. Spesso, negli Enti Locali, quando si chiedono informazioni sulla modalità di gestione di un procedimento amministrativo si ottengono risposte del seguente tenore:
  • «si fa così perché si è sempre fatto così»; 
  • «si fa perché va fatto». 
Scendendo in profondità, analizzando il significato delle affermazioni sopra riportate, emergono due considerazioni: 
  • la prima, consiste nella tristezza della risposta nel suo pieno significato. In altre parole, il contenuto letterale dei termini utilizzati è talmente spontaneo e privo di riflessione che fa presupporre una gestione dei procedimenti amministrativi che si sviluppa senza porsi la domanda circa l’utilità degli stessi; 
  • la seconda, si traduce nella mancata corrispondenza della risposta alla domanda che è stata formulata: chi risponde ignora quello che sta facendo, lo fa perché va fatto, senza domandarsi se quello che sta facendo può essere oggetto di miglioramento.  
Domandarsi «perché?» su ogni comportamento che movimenta la vita amministrativa di un Ente, stimola la fantasia e la creatività del pensiero, indirizzandolo verso la ricerca di alternative che possono contribuire a rendere più snella l’attività lavorativa. La Pubblica Amministrazione, nell’ultimo decennio, si è trovata ad affrontare numerose sfide indotte, nella maggioranza dei casi, non dalla creatività e dalle innovazioni proposte dai singoli protagonisti, ma da imposizioni di origine normativa. La direzione verso la quale deve tendere l’azione amministrativa è quella di superare i modelli organizzativi che individuano nella burocrazia e nel supporto giuridico gli unici criteri per valutare la bontà dell’operato pubblico. I modelli di gestione burocratica, infatti, si reggono sulla servile interpretazione letterale di norme, legittimando l’attività svolta agganciandola a disposizioni recitate in interminabili articoli. Si tralascia volutamente il fatto che disposizioni velate o non espressamente citate sono quelle che consentono di disegnare un percorso giuridico nel labirinto normativo per superare i numerosi vincoli che minano quotidianamente l’azione amministrativa. Solo in questo caso la burocrazia potrà pienamente essere investita delle responsabilità connesse al raggiungimento di risultati apprezzabili. In altre parole, occorre rendersi conto che un’Amministrazione Pubblica esiste perché formata da cittadini e l’obiettivo deve essere quello di soddisfare le esigenze della comunità. Precedentemente al 1990 i controlli esistenti erano esclusivamente incentrati sulla legittimità degli atti e dei comportamenti, gli obiettivi erano considerati raggiunti solo se l’operato dell’Amministrazione Pubblica rispettava il principio della legittimità del procedimento amministrativo e non se gli effetti prodotti miglioravano i servizi offerti alla cittadinanza. Al controllo di legittimità oggi si è affiancato quello: 
  • economico; 
  • interno; 
  • di gestione; 
  • strategico direzionale. 
Con l’approvazione di specifiche norme si è tentato di dare un impulso giuridico al Controllo di Gestione, che non deve trovare giustificazione di esistere solo perché la legge lo impone, ma perché l’operato degli attori pubblici sia improntato a comportamenti gestionali di tipo manageriale, fondati su sistemi di pianificazione, programmazione, controllo dei risultati, senza attribuire al concetto importato dal settore privato, l’obiettivo del conseguimento di un profitto, ma la produzione di risultati concreti, nella piena consapevolezza che gli stessi sono ottenuti con risorse che appartengono alla comunità. Non è sufficiente per ottenere efficienza usare il termine “privato” in sostituzione di “pubblico”, poiché il primo è più efficiente del secondo solo quando ne ha la mentalità, il ruolo e la logica. Le principali criticità che si incontrano in sede di implementazione del Controllo di Gestione sono da ricercarsi:
  • nella struttura organizzativa;
  • nell’impianto contabile;
  • nel sistema informativo. 
Elencazione che non ha la pretesa di essere esaustiva, essendoci all’interno di ogni organizzazione resistenze diverse, ognuna delle quali sicuramente meritevole di approfondita attenzione. Si tratta di criticità che non costituiscono compartimenti stagni in cui si articola l’organizzazione, ma corridoi comunicanti tra loro, in quanto ogni decisione adottata influenza più o meno direttamente il funzionamento degli altri. Ogni criticità rappresenta l’ossigeno che consente al Controllo di Gestione di respirare all’interno di qualsiasi realtà produttiva, sia essa privata o pubblica. Infatti, se un’attività fosse svolta nel rispetto di schemi già perfezionati, non sorgerebbero necessità di miglioramento, né problemi gestionali, quindi, ex post qualsiasi forma di controllo perderebbe significato. E’ invece importante essere consapevoli che solamente attraverso un riesame radicale di quello che è considerato giusto consentirà di superare la “barriera del cambiamento”.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Semplice12/Dicembre 2006 con il titolo «Da un'Amministrazione per atti a un'Amministrazione per fatti: implementare il Controllo di Gestione»

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