20 April 2013

E' l'ora dei fatti!

Non è trascorso molto tempo dalla recente apparizione del leader del PDL alla trasmissione televisiva "Servizio Pubblico" in onda su La7. Un evento che, a partire dal giorno seguente, non ha mancato di suscitare ampie discussioni (peraltro, scontate qualunque fosse stato l'esito). Polemiche collegate non tanto alle sceneggiate cui il numeroso pubblico, presente in sala o a casa davanti al televisore, si era reso partecipe, ma al potenziale effetto leva (che poi puntualmente si è verificato) che il PDL avrebbe potuto avere in vista della successiva competizione elettorale. Eppure l'ex Premier, nel difendere la sua "impossibilità" a governare nell'ambito delle regole costituzionali, ne ha correttamente spiegato i motivi. Tuttavia, avrebbe potuto essere maggiormente costruttivo e non limitarsi ad una sterile denigrazione di una Carta Costituzionale che il mondo, sotto molti aspetti, ci invidia. Senza alcuna pretesa di essere esaustivi, anche perché non è questa la sede per un'approfondita trattazione della materia, è noto a molti (e si spera a tutti) che il sistema parlamentare è bicamerale (Camera dei Deputati e Senato della Repubblica). Questa configurazione, se da un lato comporta una duplice e più approfondita disamina dei testi normativi, dall'altro implica una enorme perdita di tempo, per effetto della cosiddetta "navette" tra le due aule del Parlamento, qualora un provvedimento in discussione in una delle due subisca delle modifiche volte a migliorarlo rispetto al testo approvato dall'altra. Solo quando la proposta di legge è condivisa nel medesimo dispositivo da entrambi i rami del Parlamento, allora potrà diventare esecutiva. Per stringere i tempi di approvazione, garantendosi l'appoggio almeno della maggioranza che sostiene il Governo, in tempi non sospetti era stata approvata quella sciagurata legge elettorale (non a caso soprannominata "Porcellum") in modo da garantire al candidato Premier di far sedere in Parlamento un esercito di "yesman" pronti a legare l'asino dove vuole il padrone. In altre parole, senza mettere in discussione il volere del Governo e far sì che ogni legge approvata dal Parlamento si riduca ad una replica dell'espressione di volontà del potere esecutivo. La storia, però, ha riservato amare sorprese e nemmeno lo stratagemma del "Porcellum" è riuscito a limitare la sovranità popolare per mezzo di un Parlamento ridotto a fare il verso del pappagallo al Governo. Viene, quindi, da chiedersi: "Non esisteva altra alternativa per ridurre i tempi di approvazione delle leggi?". In realtà, un'altra opzione poteva essere scelta. Avrebbe conferito maggiore credibilità all'azione di governo, ma avrebbe comportato, sotto il profilo politico e degli interessi personali, una perdita di potere, di prestigio, di incarichi da distribuire e di poltrone da occupare. Si sarebbe potuto agire riformando la Costituzione, prevedendo un Parlamento unicamerale. Questo avrebbe consentito la contestualità di diversi benefici: riduzione del numero dei parlamentari, accelerazione dei tempi di approvazione delle leggi, maggiore efficienza dei lavori parlamentari, maggiore efficacia nell'azione di governo e riduzione dei costi della politica. Al contrario, si è preferito correre in un'altra direzione, quella più veloce della riforma della legge elettorale. La riforma Costituzionale avrebbe richiesto tempi biblici, ma se all'epoca del "Porcellum" fosse stata attuata, oggi non se ne parlerebbe più!
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato suIl Nuovo Picchio n° 02-03/Febbraio-Marzo 2013 con il titolo «Elezioni: mai più con il "Porcellum"»

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