21 May 2012

Quale futuro ci attende?

Il mese appena concluso ha visto all'ordine del giorno due importanti quanto accese discussioni. La prima, sul fronte pensionistico; la seconda, legata al mercato del lavoro. Si tratta di argomenti scottanti, mai affrontati con la ruspa in tempi così ravvicinati e parallelamente. Gli obiettivi dichiarati sono quelli di mettere in ordine i conti pubblici intervenendo sulla spesa previdenziale e di dare fiato al mercato del lavoro rilanciando gli investimenti produttivi e facilitando la ripresa economica. Sotto un altro punto di vista, entrambi i provvedimenti sembrano guardarsi allo specchio evidenziando elementi antitetici. Il primo mira a ritardare l'uscita dal mercato del lavoro allungando la vita lavorativa o, sotto un'altra prospettiva, posticipando l'erogazione della pensione; l'altro sembra proporne un'accelerazione, per effetto dei cosiddetti licenziamenti facili ampliandone la casistica di fattibilità. Chi fra sostenitori e oppositori degli strumenti di proposta governativa abbia ragione è difficile dirlo. Nessuno predilige cambiamenti, anche se necessari, prima che qualcun altro ne abbia già sperimentato - con successo - le conseguenze. E' naturale che occorrerà del tempo per poterne verificare gli effetti, sia positivi che negativi, e, una volta manifestati, nessuno potrà garantirne la sostenibilità nel lungo periodo se non iniettati all'interno di uno scenario economico perennemente in evoluzione. Certo è che se si è stati costretti a calcare la mano in maniera così tranciante rispetto al passato è proprio in questo contesto storico che occorre scavare per fare emergere le cause (o le colpe) di comportamenti irresponsabili. La storia ha più volte messo in evidenza come la condotta dei politici si sia indirizzata preferibilmente ad acquisire consenso elettorale piuttosto che a salvaguardare l'interesse generale. Le due riforme strutturali sono sicuramente oggetto di miglioramento, ma solo se valutate costruttivamente all'interno di un sistema complesso di relazioni sociali e non individuali. Pertanto, al di là dei contenuti condivisibili o meno del loro dettato, è fuori luogo la polemica concepita e abortita, ma sempre pronta a rinascere dalle ceneri, sul fatto che l'attuale compagine governativa abbia, al contrario dei partiti politici, un forte consenso. Restano, infatti, aperti alcuni interrogativi che considerati autonomamente rischiano di far crollare il castello di carte sul quale poggia il favore dell'opinione pubblica o, alternativamente, la contestazione. L'unica cosa certa e triste che si osserva è il perpetuarsi di comportamenti egoistici ed opportunistici della casta politica. Non è forse giunta l'ora che si faccia da parte, lasciando il campo a chi, per la prima volta, sta pensando a tutti, con un occhio di riguardo alle generazioni future?
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Il Nuovo Picchio4/Aprile 2012 con il titolo «Quale futuro ci attende?»

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