Implementare il Controllo di Gestione all’interno di
un’Amministrazione Pubblica non significa esclusivamente introdurre nuovi strumenti
di lavoro, ma anche nuove procedure. Ritenere che l’attività di controllo sia
un processo produttivo meccanico/automatico, non solo è riduttivo, ma è uno dei
principali errori in cui si ricorre: i compiti del controller non consistono in primitive rilevazioni, classificazioni
ed analisi delle informazioni, ma si
articolano in operazioni più complesse. Va condivisa l’opinione che l’introduzione del
Controllo di Gestione farà concepire l’attività dell’Ente in un’ottica
differente e l’approccio alla risoluzione dei problemi sarà affrontato con
visioni strategiche e non con la classica miopia. Senza pretendere di definire in modo esaustivo il Controllo
di Gestione, si può affermare che consiste in un insieme di strumenti e
tecniche in grado di mettere a disposizione della direzione politico/amministrativa
le informazioni capaci di far comprendere meglio la realtà e consentire
l’adozione di politiche razionali. Il Controllo di Gestione risponde ad esigenze
informative interne e non esterne (se non di riflesso) la cui mission è quella di favorire il
raggiungimento dei target predefiniti
in sede di programmazione, rivelando la sua piena utilità nel momento in cui
fornisce linee guida al management. Le informazioni sono utili nel momento in cui consentono
di assumere decisioni razionali, anziché istintive, impiegando le risorse con
efficacia ed efficienza. L’informazione da produrre deve essere preceduta da
un’analisi costi/benefici, ossia, nel momento in cui i benefici derivanti dalla
sua disponibilità sono maggiori dei costi sostenuti per produrla. L’obiettivo che deve perseguire il Controllo di Gestione
è quello di sviluppare strumenti che consentono attività di monitoring in itinere senza, tuttavia,
far perdere di importanza all’analisi storica per due ordini di motivazioni:
- il primo, perché molti aspetti dei fenomeni monitorati mantengono nel tempo i loro connotati essenziali;
- il secondo, perché anche dove la continuità e la
ripetitività di un fenomeno non esiste più o risulti sfumata, le riflessioni
sul passato rappresentano uno stimolo alla ricerca di quelle criticità che
aiutano a rimettere in discussione e verificare la validità delle scelte
effettuate e delle strategie perseguite.
In sintesi, solo considerando le criticità come fonte
di apprendimento si potrà sviluppare quell’esperienza da cui maturare una
maggiore competenza. Un primitivo approccio al Controllo di Gestione è
quello di predisporre report semplicistici da utilizzare come embrionale
punto di partenza per individuare le informazioni di base da esplodere
successivamente in input maggiormente dettagliati. L’implementazione del Controllo di Gestione deve viaggiare
parallelamente al rinnovamento culturale in quanto il primo svuota di
significato e contenuto il secondo. E’ importante rendersi conto che, solo dal
confronto e dalla conoscenza reciproca delle principali esperienze, pregi e
lacune emergenti ci si può arricchire reciprocamente nella prospettiva del
miglioramento continuo. Questo interscambio dovrà avvenire nella
consapevolezza che non esiste un paradigma universalmente riconosciuto cui
uniformarsi, ma che la configurazione del Controllo di Gestione è quella di un
sistema al servizio di esigenze gestionali interne di realtà, con proprie e
irripetibili caratteristiche organizzative, decisionali e strumentali. Nonostante le difficoltà che si possono incontrare implementando
il Controllo di Gestione, la fonte motivazionale è da ricercarsi nella
prospettiva dei non quantificabili benefici che la futura attività è in grado
di apportare:
- all’Ente che decide di inserirlo a pieno titolo nella
struttura organizzativa (benefici
organizzativo/strutturali);
- alla comunità sulla quale incide l’attività
amministrativa (benefici sociali).
Il punto di partenza consiste in una provocazione: in
altre parole ci si chiede se è veramente possibile realizzare sistemi di
Controllo di Gestione nelle Amministrazioni Pubbliche, oppure si tratta di esperienze
destinate a rimanere sterili obblighi normativi parzialmente realizzabili, se
non addirittura abortite prima del concepimento. Ragionando per assurdo, i primi passi vanno nella
direzione di individuare sia le criticità potenziali, sia i fattori critici di
successo. Le prime, innescano un’azione frenante all’attività di Controllo di
Gestione, mentre i secondi iniettano linfa vitale nelle arterie di un Ente
Pubblico il cui colesterolo, espresso in termini di burocrazia, calcifica
l’azione amministrativa su procedure spesso inutili e ridondanti. E’ importante convincersi che ogni criticità non deve
mai essere elevata al rango di minaccia, in quanto rappresenta al tempo stesso
un’opportunità di miglioramento e, di riflesso, un fattore critico di successo. Nonostante i differenti ostacoli cui va incontro
l’attività di Controllo di Gestione, la prima barriera da superare è quella
culturale. Infatti, ogni essere umano, per sua natura, non si orienta con
spirito favorevole al cambiamento che incide sul modus operandi quotidiano, in quanto la novità è percepita come un
potenziale pericolo che va ad influenzare quello spazio di movimento, acquisito
e costruito con fatica nel tempo. In altre parole, il cambiamento è tradotto
come una progressiva perdita di un potere consolidato, che si ritiene non
suscettibile di mutamento, sia esso migliorativo o innovativo. E’ necessario, pertanto, investire le prime risorse
nella comunicazione interna al fine di far comprendere ai diversi attori,
impegnati a recitare la loro parte nello scenario dell’Ente, che il Controllo
di Gestione non è finalizzato all’ispezione e alla punizione, ma è uno strumento
di guida indirizzato a verificare l’andamento delle attività nell’ottica della
ricerca continua del miglioramento. Spesso, negli Enti Locali, quando si chiedono
informazioni sulla modalità di gestione di un procedimento amministrativo si
ottengono risposte del seguente tenore:
- «si fa così perché si è sempre fatto così»;
- «si fa perché va fatto».
Scendendo in profondità, analizzando il significato
delle affermazioni sopra riportate, emergono due considerazioni:
- la prima,
consiste nella tristezza della risposta nel suo pieno significato. In altre
parole, il contenuto letterale dei termini utilizzati è talmente spontaneo e
privo di riflessione che fa presupporre una gestione dei procedimenti
amministrativi che si sviluppa senza porsi la domanda circa l’utilità degli
stessi;
- la seconda,
si traduce nella mancata corrispondenza della risposta alla domanda che è stata
formulata: chi risponde ignora quello che sta facendo, lo fa perché va fatto,
senza domandarsi se quello che sta facendo può essere oggetto di miglioramento.
Domandarsi «perché?»
su ogni comportamento che movimenta la vita amministrativa di un Ente, stimola
la fantasia e la creatività del pensiero, indirizzandolo verso la ricerca di
alternative che possono contribuire a rendere più snella l’attività lavorativa. La Pubblica Amministrazione, nell’ultimo decennio, si
è trovata ad affrontare numerose sfide indotte, nella maggioranza dei casi, non
dalla creatività e dalle innovazioni proposte dai singoli protagonisti, ma da
imposizioni di origine normativa. La direzione verso la quale deve tendere l’azione
amministrativa è quella di superare i modelli organizzativi che individuano nella
burocrazia e nel supporto giuridico gli unici criteri per valutare la bontà
dell’operato pubblico. I modelli di gestione burocratica, infatti, si reggono
sulla servile interpretazione letterale di norme, legittimando l’attività
svolta agganciandola a disposizioni recitate in interminabili articoli. Si tralascia volutamente il fatto che disposizioni velate
o non espressamente citate sono quelle che consentono di disegnare un percorso giuridico
nel labirinto normativo per superare i numerosi vincoli che minano
quotidianamente l’azione amministrativa. Solo in questo caso la burocrazia potrà pienamente
essere investita delle responsabilità connesse al raggiungimento di risultati
apprezzabili. In altre parole, occorre rendersi conto che un’Amministrazione
Pubblica esiste perché formata da cittadini e l’obiettivo deve essere quello di
soddisfare le esigenze della comunità. Precedentemente al 1990 i controlli esistenti erano
esclusivamente incentrati sulla legittimità degli atti e dei comportamenti, gli
obiettivi erano considerati raggiunti solo se l’operato dell’Amministrazione
Pubblica rispettava il principio della legittimità del procedimento
amministrativo e non se gli effetti prodotti miglioravano i servizi offerti
alla cittadinanza. Al controllo di legittimità oggi si è affiancato
quello:
- economico;
- interno;
- di gestione;
- strategico direzionale.
Con l’approvazione di specifiche norme si è tentato di
dare un impulso giuridico al Controllo di Gestione, che non deve trovare
giustificazione di esistere solo perché la legge lo impone, ma perché l’operato
degli attori pubblici sia improntato a comportamenti gestionali di tipo
manageriale, fondati su sistemi di pianificazione, programmazione, controllo
dei risultati, senza attribuire al concetto importato dal settore privato,
l’obiettivo del conseguimento di un profitto, ma la produzione di risultati
concreti, nella piena consapevolezza che gli stessi sono ottenuti con risorse
che appartengono alla comunità. Non è sufficiente per ottenere efficienza usare il
termine “privato” in sostituzione di
“pubblico”, poiché il primo è più
efficiente del secondo solo quando ne ha la mentalità, il ruolo e la logica. Le principali criticità che si incontrano in sede di
implementazione del Controllo di Gestione sono da ricercarsi:
- nella struttura organizzativa;
- nell’impianto contabile;
- nel sistema informativo.
Elencazione che non ha la pretesa di essere esaustiva,
essendoci all’interno di ogni organizzazione resistenze diverse, ognuna delle
quali sicuramente meritevole di approfondita attenzione. Si tratta di criticità
che non costituiscono compartimenti stagni in cui si articola l’organizzazione,
ma corridoi comunicanti tra loro, in quanto ogni decisione adottata influenza
più o meno direttamente il funzionamento degli altri. Ogni criticità rappresenta l’ossigeno che consente al
Controllo di Gestione di respirare all’interno di qualsiasi realtà produttiva,
sia essa privata o pubblica. Infatti, se un’attività fosse svolta nel rispetto
di schemi già perfezionati, non sorgerebbero necessità di miglioramento, né
problemi gestionali, quindi, ex post
qualsiasi forma di controllo perderebbe significato. E’ invece importante essere consapevoli che solamente
attraverso un riesame radicale di quello che è considerato giusto consentirà di
superare la “barriera del cambiamento”.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Semplice n° 12/Dicembre 2006 con il titolo «Da un'Amministrazione per atti a un'Amministrazione per fatti: implementare il Controllo di Gestione»