Il Controllo di Gestione, al di là delle
sterili normative che ne impongono l’istituzione all’interno degli Enti Locali,
si manifesta tendenzialmente come un insieme di operazioni e attività di derivazione
economico/contabile, piuttosto che di estrazione giuridica. Infatti, nonostante l’autore delle leggi
abbia voluto importare dal settore privato una funzione così essenziale al
supporto delle decisioni, non ha fornito linee guida di applicazione rigida,
lasciando libero il controller di plasmare gli interventi all’interno
dell’Ente, in relazione alle peculiarità dell’ambiente in cui si trova ad
operare. Sebbene le metodologie di base siano frutto
di accurate ricerche già sperimentate nel settore privato, non è certificato
che la semplice traslazione del modus operandi all’ambiente pubblico si
traduca nei medesimi risultati. «E’
troppo facile per i critici delle prestazioni delle aziende pubbliche saltare
alle arbitrarie conclusioni che siano disponibili delle soluzioni già pronte
del settore privato». (Les METCALFE & Sue RICHARDS: «Improving public
management» - Sage - 1990). Tornando all’argomento che in questa sede è
sottoposto ad analisi critica, è interessante osservare come alcune pronunce
della Magistratura (contabile e non) hanno un impatto più pregnante sul ruolo
del Controllo di Gestione, rispetto alla legislazione originaria che ha
lasciato le prime impronte digitali. Accade così che, ad esempio, la Corte dei
Conti - Sezione Controllo Regione Sardegna (Parere n° 2 del 18
gennaio 2007) e il TAR Lazio - Sezione III (Sentenza n° 6369 del 13
luglio 2007), hanno deciso, per fattispecie differenti, su argomenti che il
controller, se opportunamente investito della questione, avrebbe potuto
approfondire ex ante. Infatti, se i competenti Uffici si fossero
avvalsi, durante la fase istruttoria, del supporto coadiuvante (e non
ingerente) del Controllo di Gestione, sfruttandone la competenza in materia
di analisi prospettica, il successivo verificarsi di eventi prevedibili avrebbe
impedito l’intervento del giudice. In particolare, nel primo caso mai sarebbe
sorto il problema di accertare un debito fuori bilancio, mentre nel secondo
caso la Pubblica Amministrazione non sarebbe stata chiamata a risarcire alcun
danno alla controparte. In più, se si aggiunge l’onere, espresso in
termini temporali, relativo all’adozione di tutti gli atti amministrativi
conseguenti alla manifestazione di volontà della Magistratura, si potrà
acquisire maggiore consapevolezza che il Controllo di Gestione all’interno
dell’Ente Locale può svolgere mansioni assimilabili al problem solver.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Semplice n° 11/Novembre 2011 con il titolo «Controllo di Gestione: l'impatto della giurisprudenza»
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