Recentemente l'Agenzia di
valutazione Moody's ha iniziato a
mettere il naso dentro la situazione economica italiana, richiamata da
circostanze preoccupanti, se non proprio allarmanti. Un contesto che non rassicura
né gli investitori internazionali, né quelli domestici. Uno scenario
economico/sociale che, con il passare del tempo, è sempre più caratterizzato da
una prospettiva incerta, con aspettative ribassiste. Al centro di questi
ingredienti si inserisce un contorno politico instabile, che non riesce a dare
un'impronta riformista mirata al perseguimento di un interesse collettivo. La
ventilata ipotesi di un downgrade per
alcune delle maggiori aziende private è sintomatico che ciò che è mera ipotesi
di studio, presto si trasformerà in una diagnosi il cui esito assumerà
connotati di certezza. Un warning ora
annunciato, ma da tempo atteso. La notizia, è inutile nasconderlo, deve indurre
ad alcune riflessioni sugli esisti di una politica economica che, se da un
lato, ha mantenuto elevata l'attenzione a salvaguardia del debito sovrano,
dall'altro, ha ingessato ogni timido tentativo di sviluppo industriale. L'attenta
analisi delle motivazioni che hanno spinto Moody's
a mettere sotto osservazione alcune imprese private ed istituzioni pubbliche
dovrebbe far meditare su quale sarà, al termine della quarantena, il giudizio
finale: ossia, l'abbassamento del rating
sul debito pubblico. Infatti, se la disamina è limitata a quelle strutture
produttive che oggi hanno un coefficiente di affidabilità superiore a quello
attribuito allo stock di debito
sovrano, è abbastanza scontato che un loro abbassamento implicherà,
automaticamente, una rivisitazione di quello che dovrà affiancare i titoli del
debito nazionale. L'Agenzia americana ha poi messo sotto stretta sorveglianza
anche la situazione debitoria di una ventina di Enti Pubblici (Regioni,
Province e Comuni), in altre parole di quelle istituzioni in cui si ramifica
l'ordinamento dello Stato a livello territoriale. Sicuramente, l'avvertimento
rimarrà inascoltato, scaricando con la tipica usanza nostrana la risoluzione
dei problemi sul futuro e contribuendo ad anticiparne gli effetti devastanti. Già
nel novembre 2008 veniva ipotizzato che la prossima crisi finanziaria sarebbe
partita dagli Enti Locali. Oggi siamo ancora in tempo per porvi rimedio?
Autore: Emanuele COSTA
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Il Futurista del 06 luglio 2011 con il titolo «Preoccupa il futuro del debito sovrano»
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