«Sono fermamente convinto di una cosa: non
cambieremo il nostro comportamento se non cambiamo il modo in cui misuriamo la
nostra performance economica». Con
questa affermazione Nicolas SARKOZY introduce la prefazione al libro “La
misura sbagliata delle nostre vite” di Joseph E. STIGLITZ, Amartya SEN
e Jean-Paul FITOUSSI, il cui obiettivo è quello di individuare una variabile
alternativa al PIL (Prodotto Interno Lordo) per valutare, come recita il sottotitolo, “benessere e progresso sociale”. Quindi,
è il comportamento degli individui che deve modificarsi, adattandosi
passivamente alle regole imposte o dettate dai modelli economici, politici e
sociali oppure sono questi ultimi che, sulla base dei comportamenti individuali
devono conformarsi ad essi? Un
dilemma che lascia aperta la porta ad un ampio dibattito pubblico, perché
differenti sono gli scenari che si possono inquadrare qualora prevalga
un’opinione piuttosto che un’altra. Una cosa, tuttavia, pare certa: occorre
abbandonare con convinzione il fatto che il comportamento degli individui sia
caratterizzato da “razionalità”. Un’ipotesi
che potrà essere presa in considerazione a due condizioni. La prima è quella
che si propone come propedeutica alla elaborazione di un modello di analisi
che, per costruzione, dovrà necessariamente ipotizzare che gli individui,
nell’operare le proprie scelte, perseguono l’obiettivo della massimizzazione
della personale utilità. Questa,
tuttavia, non sempre è quella che si configura come ottimale. Infatti, al
soggetto decisore manca spesso la facoltà (o la possibilità) di valutare, con
tutta tranquillità, quale scelta gli consente di apportare il maggior
beneficio/vantaggio al proprio benessere nel momento in cui prende una
decisione. Entra,
così, in gioco la seconda variabile del problema: la conoscenza. Gli individui,
generalmente, prendono le decisioni sulla base di preferenze che non
coincidono, in termini di utilità, con le esigenze da soddisfare. Queste, in un
mercato in cui beni e/o servizi differenziati sono in grado di soddisfare
bisogni personali, le preferenze possono essere riviste e riformulate solo se
gli individui sono a conoscenza delle conseguenze positive e negative che ogni
decisione alternativa comporta. E’
nell’ambito di questa cornice che gli studi dovranno concentrarsi per elaborare
un modello economico la cui finalità sia quella di individuare gli strumenti
più idonei per raggiungere quel punto di equilibrio nel quale il benessere
sociale raggiunge il suo apice.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Il Futurista del 24 ottobre 2011 con il titolo «C'è solo il PIL per misurare il benessere di un Paese?»
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