Al Controllo di Gestione non sempre è
attribuito un significato univoco, in quanto la letteratura lo associa spesso
ad un’attività, mentre, in altre
occasioni, lo assimila ad un processo,
lasciando aperti spazi di interpretazione su ciò che rappresenta all’interno di
un’Organizzazione pubblica o privata. L’obiettivo che si propone questo lavoro
non è quello di contribuire ad alimentare il dubbio, fornendo definizioni di
comodo per consentire l’utilizzo indiscriminato di un concetto specifico o uno
più generale. La finalità sarà quella di far scemare quella sensazione di
disorientamento che si percepisce ogni volta che si affronta una questione, calandosi
nel contesto di riferimento per decifrare argomenti complessi o ritenuti tali. Quindi,
il dilemma se considerare il Controllo di Gestione un’attività oppure un processo
chiama in causa un approccio risolutivo che fa perno sulla cosiddetta “tecnica del gambero”, iniziando lo
studio dal traguardo che si vuole raggiungere per risalire alle origini
dell’interrogativo. In questa direzione non sarà difficile scoprire che il
Controllo di Gestione si può interpretare sia come attività, sia come processo,
con una sottile linea di demarcazione tra le due espressioni. In prima istanza,
consiste in un’attività indirizzata
alla verifica del raggiungimento degli obiettivi preventivamente assegnati,
attraverso l'esplosione delle diverse operazioni, per collegare tra loro propositi
apparentemente divergenti. Inteso in questo modo, l’attività consiste nello
sviluppo di analisi “micro” per
indagare nel dettaglio le variabili che influenzano i singoli interventi da
svolgere. L’impatto che l’attività di controllo avrà sulla Struttura
organizzativa dell’Ente sarà, prevalentemente, orizzontale o verticale,
interessando tutti i meccanismi che, all’interno di ogni Unità Operativa, sono
legati tra loro da ingranaggi burocratici. Nel secondo caso, si identifica in
un processo orientato a rendere
disponibili informazioni alla direzione politico/amministrativa, affinché
possano essere assunte decisioni mirate al raggiungimento degli obiettivi di
programma. Il processo, però, dovrà essere disgregato in un insieme di
attività, per individuarne i punti di contatto e coordinarle al fine di
eliminare ridondanze, ripetizioni e sprechi di risorse. Codificato secondo
questi criteri, dal processo discendono analisi “macro” per studiare i comportamenti che sono alla base delle azioni
che sfociano in attività. Gli effetti che il processo di controllo manifesterà
sull’impianto organizzativo dell’Ente sarà, prevalentemente, trasversale, andando ad incidere su
tutta l’impalcatura procedimentale che sostiene l’attività amministrativa. In sintesi,
è opportuno precisare che l’attività
non è altro che un sottoinsieme del processo
e, pertanto, può essere lecito utilizzare indifferentemente entrambi i vocaboli.
L’unica precisazione che occorre fare è che, nel primo caso, l’attenzione si
concentra su una porzione della Struttura organizzativa, mentre, nel secondo
caso, il riferimento è all’intera dimensione. Fatta questa premessa, di natura
terminologica, quando si affronta la questione del Controllo di Gestione è
interessante analizzare il tipo di modello che si intende applicare all’interno
dell’Ente Locale. Infatti, modificando il tipo di approccio, differente potrà
essere sia l’utilità dei risultati che fornisce, sia l’impiego delle
informazioni prodotte. In passato, il Controllo di Gestione era inteso come attività/processo
finalizzato ad un’indagine da sviluppare in sede consuntiva (o ex post):
a) analizzando i risultati ottenuti;
b) operando confronti tra dati previsti e
ottenuti;
c) indagando le cause che hanno provocato
le divergenze, con l’obiettivo di adottare accorgimenti per evitare il loro
ripetersi in futuro.
L’approccio “storico” al Controllo di Gestione trova
giustificazione nel comportamento degli operatori e trae origine dalla teoria dei rinforzi (o del condizionamento operante), che è alla
base del processo di apprendimento continuo. In altre parole, si processano,
per ogni decisione, le conseguenze derivanti, che possono essere:
a) positive,
quando fortificano la decisione iniziale, che sarà ripetuta;
b) negative,
quando indeboliscono l’originaria decisione, che sarà, quindi, abbandonata.
In entrambi i casi,
gli effetti prodotti dalla decisione adottata “rinforzano” (positivamente o negativamente) le future scelte per
realizzare medesimi obiettivi, materializzandosi in formazione (tramite
apprendimento) e migliorando il procedimento amministrativo. L’approccio “attuale” al Controllo di Gestione ha,
invece, natura continua, nel senso che le informazioni che si rendono
disponibili sono monitorate costantemente per:
a) verificare il percorso di
avvicinamento agli obiettivi prefissati;
b) adottare eventuali accorgimenti per
riportare la situazione sotto controllo;
c) valutare l’opportunità di spostare il
bersaglio;
Il punto di forza
di questo modello è rappresentato dalla concomitanza delle decisioni agli
eventi che si verificano, ma presenta la debolezza di organizzare la gestione
per “priorità rincorse”. In altre
parole, si tende a lavorare sempre in situazione di emergenza, con il rischio
che, essendo assente la fase di studio preventiva, l’improvvisazione del
momento contagi la fase istruttoria del procedimento amministrativo. In futuro,
il Controllo di Gestione garantirà il successo delle politiche organizzative se
considerato attività/processo da sviluppare in sede preventiva (o ex ante):
a) indagando e processando le decisioni
da adottare;
b) diversificando le analisi prospettiche
sugli scenari possibili;
c) governando a priori la dinamicità
delle variabili in gioco.
L’approccio “futuro” al Controllo di Gestione prende
spunto dalla teoria di PAVLOV (o del
condizionamento classico), ossia concentra
l’attenzione sugli stimoli (eventi) che possono influenzare il comportamento
decisionale e non sulle conseguenze indotte dall’azione. La novità del modello
prevede l’abbandono di quei meccanismi obsoleti per assumere le decisioni,
impostati sul feedback e orientati ad una gestione per “priorità rincorse”, per consentire l’impostazione del processo
decisionale in ottica feedforward, governando le attività per
“priorità trascorse”. L’impatto
benefico del Controllo di Gestione all’interno dell’Ente Locale interesserà:
a) la struttura organizzativa, che dovrà essere disegnata in modo da governare (e non gestire) le variabili
in gioco, consentendo il miglioramento continuo della gestione. Occorrerà
analizzare le criticità e ridefinire i procedimenti amministrativi secondo
un’ottica globale, proiettandoli, successivamente, in ambito locale;
b) i sistemi
informativi, che dovranno essere affiancati da quella che oggi è
considerata la risorsa più importante: il capitale
intellettuale. Sarà incrementato il tasso di informazione circolante, migliorando
così la comunicazione interna.
Un sistema progettato
in questo modo costituirà un vantaggio competitivo per l’intera Struttura,
essendo in grado di affrontare con serenità il caos organizzativo che impedisce all’Ente Locale di coniugare
efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, garantendo il
pieno soddisfacimento dei bisogni dei Cittadini. Non saranno necessari
ulteriori investimenti in strumenti informativi sofisticati, in quanto quelli
esistenti potranno essere integrati e supportanti dalle abilità in possesso del
capitale intellettuale. Oggi, l’informazione più preziosa è rappresentata dalla
conoscenza, che non appartiene all’Ente, ma alle persone e che potrà essere
sviluppata solo attraverso percorsi formativi di apprendimento continuo,
motivazione e valorizzazione delle risorse umane. Operando in questa direzione,
si arriverà a concludere un ciclo di studio e analisi, che non rappresenterà la
fine di un processo, ma un nuovo e più stimolante inizio, perché come disse Paul VALERY (1871/1945) più di
cinquant’anni fa: «Il guaio dei nostri tempi è che il futuro non è più come una volta».
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Semplice n° 2/Febbraio 2009 con il titolo «Controllo di Gestione: dal feedback al feedforward»
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