Ma è proprio vero che le
tasse producono un effetto recessivo? Sembrerebbe di sì visto che esiste una corrente
di pensiero ampiamente condivisa che predica appunto questo assunto. In realtà
vanno fatte alcune osservazioni. E' fuor di dubbio che il prelievo forzoso sul
reddito del contribuente, qualunque ne sia la provenienza (investimento,
patrimonio, profitto, rendita, risparmio, salario) genera un effetto spiazzamento
poiché sottrae al mercato risorse che, altrimenti, potrebbero essere
indirizzate al finanziamento del settore privato, dando fiato ad un sistema
economico agonizzante. Non tutti, però, sono concordi nel sostenere la teoria secondo
la quale ogni forma di imposizione fiscale ha effetti debilitanti sui
coefficienti di crescita. Le motivazioni si insinuano nel semplice fatto che
un'economia possa svilupparsi grazie all'intervento - congiunto o meno - sia
del privato sia di quello pubblico e non solamente del primo. La diatriba ci dovrebbe,
quindi, indurre a non formulare una risposta immediata al quesito iniziale, ma
a porsene un altro: qual è la destinazione del gettito tributario? Infatti, è
proprio da un'indagine approfondita sull'utilizzo delle entrate pubbliche che
potrebbe emergere una considerazione differente da quella che, da sempre,
caratterizza l'originaria filosofia. Se le risorse sottratte al mercato
attraverso le imposte trovassero collocazione in investimenti pubblici
produttivi devoti alle regole concorrenziali, allora lo stesso si configura come
alternativo a quello privato (spiazzandolo o integrandolo). La duplice
conseguenza sarà quella di accrescere la ricchezza collettiva in termini sia di
maggiore occupazione, sia di ulteriori risorse da destinare al benessere sociale
e non solo quella individuale
dell'imprenditore e soci in affari. Se, al contrario, il gettito fosse
impiegato per finanziare spese
improduttive, come quelle per la politica, allora è condivisibile l'idea che
attraverso la tassazione si rischia di deprimere l'economia, spingendola in
recessione. In questa ipotesi, il gettito serve esclusivamente per arricchire gli
eletti e la corte degli accoliti con effetti minimi o nulli sulla crescita
economica e conseguente impoverimento della società. Non si può demonizzare il
ruolo dello stato quando, per finanziare il suo mantenimento, allunga la mano
per drenare risorse dai cittadini/imprese e cantarne le lodi
quando, al contrario, la tende per erogare benefici di qualsiasi natura. In
entrambi i casi, l'intervento pubblico ha un costo e, prima o poi, qualcuno
dovrà farsene carico. Se non si accetta il principio del "dare per
avere" da parte dell'erario, allora qualsiasi sistema economico è
destinato a dover fare i conti con un impianto tributario funzionante a senso
unico, con effetti distorsivi in termini di ridistribuzione della ricchezza
perché imperniato, per definizione, su basi inique. Occorre usare il gettito
per restituire risorse al sistema economico, in modo che, non trovando impieghi alternativi alla sottoscrizione del debito pubblico, possa
orientarsi verso altre soluzioni idonee a dare maggiore impulso alla crescita.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Il Nuovo Picchio n° 2/Febbraio 2012 con il titolo «Imposte, pro o contro lo sviluppo?»
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