L'Italia
non perde mai l'occasione per colpire i suoi ammiratori con effetti
speciali. Dopo aver sopportato per quasi un anno una gestione della
res
publica
improntata all'invisibilità, il Governo del “Decreto
del Fare”
è riuscito a mettere a segno il primo e unico successo politico: ha
decretato le sue dimissioni! Ha poca rilevanza se la decisione
maturata sia stata imposta o voluta da pressioni provenienti
dall'esterno. Il risultato è quello che gli Italiani si sono trovati
sotto gli occhi da un giorno all'altro. Non hanno nemmeno avuto il
tempo di riposarsi sugli allori, assaporando l'agognato Eldorado
frutto del “Decreto
Salva Italia”,
che come d'incanto gli sono state vomitate addosso fiumi di parole
dal neo Governo del comunicare. Un'efficace azione mediatica ne ha
accompagnato la diffusione, per consentire al processo di stordimento
un'ampia copertura del territorio. L'anestesia comunicativa presto
avrà effetto e nessun dolore sarà percepito nel momento in cui le
nuove politiche economiche si introdurranno nel cuneo fiscale di
ciascun contribuente, facendone emergere mirabolanti potenzialità,
ma nascondendo le reali conseguenze. Se da un lato, la riduzione del
cuneo fiscale potrà incidere positivamente sia sui lavoratori, che
potranno disporre di un salario netto superiore da poter destinare
alternativamente al consumo o al risparmio, sia sulle imprese, che
potranno ridurre l'onere che grava, sotto forma di costo del lavoro,
sui loro bilanci, dall'altro nessuno osa sbilanciarsi affermando
apertamente in che modo il taglio in questione sarà praticato.
Poiché il cuneo fiscale comprende non solo le imposte che gravano
sulla retribuzione, ma anche i contributi previdenziali che sono
trattenuti ai fini pensionistici, il rischio è quello che a
rimetterci siano i lavoratori non nell'immediato, ma nel futuro,
quando saranno collocati a riposo. Se è abbastanza ovvio che la
riduzione delle aliquote di imposta sul reddito produca un incremento
della retribuzione netta percepita dal dipendente, è altrettanto
banale comprendere che, alla luce del fabbisogno statale, questa
strada difficilmente potrà essere perseguita, se non a condizione di
aumentare la tassazione su altri fronti. In definitiva, non rimane
altro che mettere mano ai contributi previdenziali, la cui riduzione
produce effetti benefici sia sul reddito netto percepito dal
lavoratore, sia sul costo del lavoro a carico delle imprese. Agendo
in questa direzione tutti possono essere contenti: da un lato, i
lavoratori che disporranno di uno stipendio netto superiore,
dall'altro, le imprese che vedranno ridotto il costo del lavoro. Ma
poi? Cosa succederà quando il lavoratore sarà prossimo alla
pensione, sapendo che la stessa sarà calcolata con il metodo
contributivo? Ai posteri l'ardua sentenza. Oggi, si può solo
affermare che l'Italia ha deciso di voltare pagina, per scoprire che
girandola è rimasta da leggere l'ultima frase: “The
end!”.
Autore: Emanuele COSTAPubblicato su: Il Nuovo Picchio n° 02/Febbraio 2014 con il titolo «Presi per il cuneo ... fiscale!»
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