«Io
so. (... omissis ...). Io so perché sono un intellettuale, uno
scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere
tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o
che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i
pezzi disorganizzati e frammentari (... omissis ...), che
ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la
follia e il mistero»
(Il Corriere della Sera, 1974). Così scriveva Pier Paolo PASOLINI
sul principale quotidiano italiano nel lontano 1974. E lo faceva in
una data particolare, quasi premonitrice dei fatti e delle
circostanze attuali. E' sufficiente saper leggere ed interpretare i
numeri, adattandoli ad una verità nascosta che, nell'anno in corso,
potrebbe avere la capacità di svelare più di uno di quei misteri
che PASOLINI aveva lasciato intendere di conoscere, ma di cui non era
in possesso delle prove necessarie per rivelarlo apertamente.
Ricorre, infatti, quest'anno il quarantesimo anniversario della sua
pubblicazione, quasi a rappresentare un monito a quella generazione
di quarantenni che oggi pretende (a ragione o a torto sarà la storia
ad dimostrarlo ai posteri) di voler prendere in mano le redini di un
Paese allo sbando, per domarlo e riportarlo sulla retta via. La
presenza di un'incognita, però, non sempre è un indicatore
sufficiente a segnalare l'esistenza di una soluzione. Nella maggior
parte dei casi costituisce un valore da ricavare, utile per poterlo
assegnare ad un parametro, che, a sua volta, si configura come la
chiave di apertura di un complesso sistema di equazioni il cui
risultato potrà essere indeterminato. Se poi si è in presenza di un
cosiddetto "conflitto
di interesse",
ossia quando sussistono diverse unità che perseguono obiettivi
contrastanti, allora qualunque sia l'intreccio proposto, l'unica
certezza per i Cittadini è rappresentata dall'impossibilità di
trovare una condivisione d'intenti che vada nella direzione di
garantire e sostenere il loro benessere sociale. In politica, però,
certe verità non si possono dire: potrebbero risultare
controproducenti perché farebbero perdere voti e consenso. Meglio
comportarsi da illusionisti e far sognare i propri elettori o fargli
credere che si agirà in un modo. Questo consentirà di rendere meno
dolorosa la menzogna e si potrà agire, a loro insaputa, in direzione
opposta. Le idee possono essere diverse, così come i colori sono
variopinti. L'esperienza lo dovrebbe aver insegnato, si spera. Per
dirla con le parole di Alan FRIEDMAN, «la
verità è che viviamo in una società che senza un ritorno alla
crescita e una ripresa dell'occupazione rischia di essere risucchiata
senza via d'uscita da un autentico incubo, in cui il nostro
impoverimento e declino si spostano con una resistenza culturale al
cambiamento, con il rifiuto di qualsiasi vera modernizzazione. E la
disperazione rischia di degenerare fino a minare la famosa coesione
sociale del Bel Paese»
("Ammazziamo
il Gattopardo",
Rizzoli, 2014). Un grido di allarme privo di mezzi termini, lanciato
senza quei giri di parola che spesso sono utilizzati per esprimere le
ragioni di una scelta nella speranza di poter incantare il Cittadino
sul fatto che il vento si appresta a cambiare. Peccato, però, che
l'aria che tira è rimasta la stessa. Ma era così necessario
scomodare il giornalista americano per mettere di fronte il popolo a
prospettive di questo tenore? Non necessariamente. Si sarebbe potuto
far tesoro del monito lanciato da Enrico BERLINGUER nel 1976: «Non
c'è risanamento duraturo se non si rinnova, non c'è salvezza sicura
se non si cambia; dunque non si tratta solo di evitare il tracollo
economico e finanziario, ma anche di avviare lo sviluppo del paese su
nuove basi e per fini diversi da quelli del passato».
Ma era un'altra epoca. Lo stesso periodo storico che aveva spinto
Pier Paolo PASOLINI a mettere in guardia i Cittadini verso un
ipotetico burattinaio di turno, abile domatore di delfini e
manovratore di marionette nonché proverbiale tessitore di trame nel
tirare le fila. Un "Mangiafuoco" della politica per fornire
al pubblico una sua rappresentazione fisica, traendo spunto dal più
famoso personaggio immaginario raccontato da Carlo COLLODI ne "Le
avventure di Pinocchio".
Ecco, quindi, che il cerchio sembra magicamente chiudersi. La ricerca
della verità è l'anello di congiunzione di tutte le fantasticherie
che nel gossip
trovano terreno fertile. Per queste motivazioni, il dibattito che
puntualmente anima il teatrino della politica (per rimanere in un
contesto fiabesco) ed, in particolar modo, quello che fa da anteprima
ad una consultazione elettorale, richiama alla memoria un classico di
Akira KUROSAWA: "Rashōmon".
Un cortometraggio che mette in evidenza le mille sfaccettature della
verità. Sulla falsa riga di questa saga cinematografica gli attori
(siano essi recitanti sul palcoscenico nazionale o nel cortile di un
paesino) non sono in fondo così diversi tra di loro. Essi non osano
mettere in discussione gli eventuali "misfatti" compiuti
nel passato. Tutti, come d'incanto, sembrano vergini desiderose di
mettere mano allo scenario che si è configurato per voler
dimostrare, ad un pubblico voyeurista
di quali performance
acrobatiche sono, sulla carta, capaci. Invece di tappezzare le strade
cittadine con i più disparati e variopinti manifesti o riempire le
cronache locali con fotografie nelle pose più affascinanti ed
attraenti, sarebbe più proficuo che chiunque pensi, in cuor suo, di
avere in tasca la soluzione per risolvere i problemi, illustri
ufficialmente al Cittadino il cosiddetto "Programma
di Mandato",
senza dimenticarsi, nel presentare la propria squadra ai futuri
elettori, di affermare a gran voce, parafrasando Pogo (personaggio
dei cartoon
ideato da Walt KELLY): "Abbiamo
incontrato il nemico, e siamo noi!".
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: www.tigulliana.org (nella Rubrica "Diritto di Parola") del 15 marzo 2014 con il titolo «Io so ... quindi, non sarò!»
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