Ancora
una volta il Bel Paese non ha saputo smentirsi: ce l'ha fatta! E' riuscito a
dimostrare al mondo tutta la sua proverbiale mancanza di volontà nel cambiare
cattive abitudini. Il popolo delle cariatidi ha preferito rispecchiarsi
nell'età media del patrimonio artistico, culturale e storico. Tuttavia, se
quest'ultimo ha un valore inestimabile e costituisce un motivo di orgoglio
nazionale, lo stesso non si può dire per una classe politica di arcaica
provenienza che, con inaudita forza, pretende ancora di voler dettare legge.
Per questa ragione, coloro che scalpitano per fuoriuscire da filosofie di
pensiero di origine preistorica, sono immediatamente eletti ad agnello
sacrificale per sottoporli ad una lenta e progressiva epurazione dalla cerchia
dei morti viventi. Il Museo degli Orrori ha da qualche mese riaperto i battenti,
riuscendo nell'intento di attirare dentro di sé il meglio di ciò che potesse
rappresentarlo all'esterno come tale. Ora è perfettamente in grado di mettere
in mostra una parziale rinnovata collezione di opere d'arte capace di
infliggere ai cittadini il peggio di ciò che si potessero aspettare. Il nuovo
Sovrintendente all'archeologia ce l'ha messa tutta per sradicare quelle
incrostazioni che, in passato, hanno impedito il regolare andamento degli
affari. Non è stato però sufficientemente incisivo. Le ragnatele una volta
tolte, con facilità tendono a riformarsi, offuscando la vista di quei giovani
eletti che erroneamente hanno sempre creduto di poter mettere piede in un
palazzo di vetro. Invece, là dentro nulla di nuovo può permettersi di nascere.
I brontosauri non avrebbero la forza per sopportare uno shock così forte
e violento. La minaccia sarebbe quella di una futura estinzione. Chiunque si
permetta di proporre un cambio di posizione finirebbe per essere accusato di
voler sovvertire l'ordine pubblico e correrebbe il rischio di essere
giustiziato dalla gogna mediatica. Deve essere palesemente chiaro, fin dal
primo giorno di apertura dei lavori, che i procedimenti di mummificazione delle
attività devono durare almeno cinque anni, ossia il tempo necessario affinché i
velociraptor possano appropriarsi di tutti i benefici. Ha poca
importanza se, nel frattempo, la realtà dei fatti bussa insistentemente alla
porta per implorare un significativo cambiamento di rotta. Una volta chiuse
definitivamente le urne, il processo di putrefazione diventa irreversibile e
non è più ammissibile qualsiasi proposta che chieda a gran voce di scoperchiare
il sarcofago. Lo spettro di un sacrilegio aleggerebbe all'orizzonte con il
rischio di risvegliare antichi fantasmi. Difficile dire quando e se questo
incubo finirà. C'è da augurarsi possa avvenire presto, prima che spetti al
mondo l'ingrato compito di riesumare ciò che resta e rilasciare un breve
comunicato stampa: "C'era una volta l'Italia!".
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Il Nuovo Picchio n° 05/Maggio 2013 con il titolo «C'era una volta»
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