Spesso ci si interroga sul perché la Pubblica
Amministrazione non sia in grado di fronteggiare i bisogni della collettività,
fornendo ai Cittadini quei servizi necessari alle esigenze da soddisfare. Una
domanda alla quale non è particolarmente difficile trovare una risposta sensata
perché è sufficiente sottoporre la questione al cosiddetto “elephant
test” di estrazione anglosassone. Qualunque sia scenario di
riferimento, la conclusione non muta il suo significato. Ha scarsa importanza
la dimensione territoriale dell’Ente Pubblico governato (locale/nazionale) in
quanto l’abilità nel saper fare una cosa non dipende né dall’età dell’esecutore,
né dalla sua esperienza, ma dalla cultura con la quale approccia il problema.
Si assiste con crescente frequenza a lasciare il governo della Città (o del Paese)
in mano a soggetti close-minded, caratterizzati da una visione strategica miope,
incapaci di adottare decisioni appropriate al bene comune ed inadeguati a
reggere il passo dell’evoluzione culturale e tecnologica. Occorre, nella
maggior parte dei casi, che le istanze o le critiche dei Cittadini non
incontrino la giusta attenzione dell’Amministrazione di riferimento perché si
collocano controcorrente rispetto ad una filosofia di gestione improntata alla carlona ed ispirata all’arte del michelaccio. Di fronte ad una
difficoltà è meglio rivolgere lo sguardo altrove oppure limitarsi a fare
spallucce, lasciando che il barile sia scaricato da monte a valle, lasciandolo poi
miseramente rotolare nella pianura della foresta burocratica. In altre parole, i
problemi non sono risolti, ma molto più convenientemente eliminati. Sicuramente
questo modus operandi funziona fino a
quando non si verifica qualche evento straordinario che lo riporta a galla,
rendendo così di dominio pubblico l’incapacità della Pubblica Amministrazione
di affrontare di petto la questione, costringendola ad assumersi quelle
responsabilità che le competono e per le quali i Cittadini pagano le tasse. Capita,
quindi, che se il cosiddetto “uomo della
strada” osa alzare lo sguardo per contestare il comportamento del politico
di turno, immediatamente le forze si uniscono, dirigendosi in massa verso l’obiettivo
da annientare e distruggere, ossia il libero pensiero e la critica politica. Si
attiva la peggiore macchina amministrativa con la finalità di dare una lezione
a coloro che si sono permessi di mettere in discussione l’agire del pubblico
amministratore che si continua a credere sia immune agli errori. Anziché concentrare
gli sforzi sul perché suggerimenti e opinioni divergenti sono formulati dai
Cittadini, le energie sono dirottate sulla peggiore censura che la storia
ricordi. Siamo lontani anni luce da quella galassia formata da un vertice
politico illuminato per doverci tristemente accontentare di quello che naviga a
vista, procurando danni non solo irreparabili, ma spesso irreversibili. Quindi,
per quale misteriosa ragione non ci si preoccupa di commettere errori durante l’espletamento
del proprio mandato elettorale? La risposta è semplice. A farne le spese sono
solo ed esclusivamente i Cittadini e, fatto ancor più grave, i danni sono
pagati non da chi li ha procurati, ma da coloro che li hanno subiti.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: http://www.tigulliana.org del 28 luglio 2012 con il titolo «Cultura: ossigeno cerebrale»
No comments:
Post a Comment