Negli
ultimi anni, il processo di trasformazione che ha investito la
Pubblica Amministrazione, iniziato pioneristicamente nei primi anni
Novanta, sembra aver subito un sensibile rallentamento. Non
ci si trova ancora in un contesto di “panic
situation”
tale da essere costretti ad invertire la rotta, ma è abbastanza
evidente che l’approccio al cambiamento imposto, a colpi di norme,
dal legislatore nazionale sembra aver perso nel tempo la spinta
propulsiva originaria. E’
sotto gli occhi di tutti che i risultati conseguiti sono ben lontani
da quelle che, a suo tempo, erano le aspettative e, pertanto, in
assenza di ulteriori motivazioni, l’euforia
sta cedendo rapidamente il passo alla rassegnazione,
collocando il ciclo
di vita del rinnovamento
nella fase di declino. Le
cause che hanno fatto imboccare al processo di cambiamento un
percorso involutivo non si devono cercare nei profondi mutamenti
subiti dallo scenario di riferimento nazionale ed internazionale. Il
principale movente del fallimento è ubicato all’interno della
stessa Pubblica Amministrazione e deve essere imputato alle forti
resistenze che si sono scatenate di fronte alle incognite indotte dai
ventilati processi di riorganizzazione. La
storia riporta all’attualità un suggerimento di Niccolò
MACHIAVELLI
a Lorenzo
DE MEDICI:
«Si
dovrebbe ricordare che non c’è niente di più difficile da
programmare, di più dubbio successo e più pericoloso da compiere
che dare avvio ai cambiamenti nella costituzione di uno Stato.
L’innovatore si rende nemico di tutti coloro che prosperavano sotto
il vecchio ordine e solo un tiepido sostegno proviene da coloro che
prospererebbero sotto quello nuovo»
(“Il
Principe”,
1513). L’ostilità
manifestata da parte di coloro che il MACHIAVELLI
include tra quelli “che
prosperavano sotto il vecchio ordine”
deriva dal fatto che questi personaggi temono una perdita di potere e
un calo di prestigio all’interno dell’Organizzazione nella quale
operano, preferendo restare attaccati a vecchi schemi di gestione,
già collaudati “con
successo”
e sicuramente più familiari. In
questo caso, la meditazione è stimolata dalla preistoria e non dagli
eventi meno recenti. Se
le trasformazioni sono pretese da forze esterne all’Ente (ad
esempio, il legislatore nazionale oppure un organismo
sovranazionale), allora solo attraverso la ricerca di nuovi
adattamenti sarà possibile garantirne la sopravvivenza, mentre la
resistenza porterà inevitabilmente ad un processo di accumulazione
di cambiamenti, generatore di risultati sempre più imprevedibili e
foriero di situazioni che si collocano nell’alveo del caos
organizzativo. Alcuni
Enti Pubblici coraggiosi, con una classe dirigente/amministrativa
propensa ad accogliere la sfida del rinnovamento, hanno fatto leva
sui modelli lean
thinking
per ottenere:
- da un lato, strutture organizzative più flessibili ed elastiche, facilmente gestibili e adattabili a qualsiasi evenienza;
- dall’altro, risultati precedentemente insperati o considerati ingiustamente dannosi per la sopravvivenza della stessa architettura organizzativa.
Operando
in questa direzione, Amministratori/Dirigenti particolarmente
attenti, privi di miopia strategica, con una missione ben precisa,
una visione lungimirante e, soprattutto, “open
minded”,
hanno conseguito riconoscimenti inaspettati:
- dall’ambiente esterno, in termini di soddisfazione dei bisogni della Comunità di riferimento;
- dall’ambiente interno, in termini di migliore benessere organizzativo, che si è tradotto nella gratificazione di mansioni che in precedenza hanno caratterizzato i vari ruoli lavorativi.
Per
queste motivazioni, quando si approfondiscono tematiche innovative in
materia di Pubblica Amministrazione è necessario, ma soprattutto
opportuno, prestare particolare attenzione sia al contesto nel quale
le riflessioni formulate andranno ad impattare, sia la sensibilità
che l’ambiente circostante presenta nei confronti del cambiamento. Da
quando l’orientamento generale è diventato quello di avvicinare il
modello di gestione pubblica a quello in essere nell’azienda
privata, la dottrina disponibile sul mercato è stata letteralmente
presa d’assalto. La
bibliografia esistente in materia ha costituito, così, la principale
fonte del sapere dalla quale poter apprendere, in breve tempo, input
informativi capaci di fornire risposte tempestive a problemi che
stavano assumendo dimensioni preoccupanti. La
letteratura, tuttavia, pur avendo il pregio di mettere a disposizione
i risultati di precedenti ricerche, non rende di pubblico dominio la
formula magica da utilizzare per ottenere un immediato successo, ma
tende ad incoraggiare il pensiero creativo, per plasmare a nuove
esigenze ciò che la scienza ha già scoperto. In
altre parole, per accelerare i tempi, molte Amministrazioni Pubbliche
sono partite da metà strada, senza farsi troppe domande su quale
accorgimento adottare per realizzare i propri target,
per rendersi successivamente conto, con ingenua incredulità, che
l’unico distributore di carburante era collocato all’inizio del
percorso. Infatti,
nel perseguire una strategia di trasformazione non sempre può essere
utile prendere a prestito qualcosa dalle aziende private. Les
METCALFE e Sue RICHARDS (“Improving
Public Management”,
1990) avevano già sottolineato come «è
troppo facile per i critici delle prestazioni delle aziende pubbliche
saltare alle arbitrarie conclusioni che siano disponibili delle
soluzioni già pronte del settore privato». Qualunque
lezione si possa apprendere dal privato, le specificità tipiche di
governo dell’Organizzazione Pubblica comporteranno sempre approcci
differenti, richiedendo sempre un incessante impegno nello sviluppo
di nuovi modelli gestionali. Le
fasi di ricerca e sperimentazione sono sempre necessarie perché solo
attraverso l’applicazione di teorie e concetti sviluppati sul campo
si potrà riuscire a vestire nel modo più idoneo ogni Struttura
Pubblica. L’errore
di fondo che fino ad oggi è stato sempre commesso consiste in quello
che ha individuato nel processo di cambiamento il sorgere di un
problema, anziché lo sfruttamento di un’opportunità. Per
questo, l’approccio al cambiamento è stato erroneamente affrontato
cercando di utilizzare soluzioni esistenti per risolvere questioni
nuove, piuttosto che sviluppare alternative per sfruttare un
eventuale vantaggio competitivo. Ed
i risultati sono sotto gli occhi di tutti!
References
- MACHIAVELLI
Niccolò, “Il
Principe”,
1513;
- METCALFE
Les & RICHARD
Sue,
“Improving
Public Management”,
Sage, 1990.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Semplice n° 02/Febbraio 2015 con il titolo «Public Change Management: cambiare per rimanere sé stessi»
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