In
un contesto caratterizzato da continui e repentini cambiamenti, la
Pubblica Amministrazione assume un ruolo di primo piano nel governo
delle molteplici variabili in gioco. Da sempre considerata una “palla
al piede”
all’interno del sistema economico, oggi, sulla spinta indotta da
una crisi economica che sembra andare nella direzione opposta a
quella della via di uscita, può finalmente liberarsi da questo
appellativo ed “inserire
al quarta”
oppure, come più volte affermato dall’ex Ministro Renato BRUNETTA,
“togliere
il freno a mano”
per diventare il motore trainante dell’intero sviluppo economico
del Paese. Una
volta consapevole dell’importanza del ruolo, la Pubblica
Amministrazione deve innovare profondamente la propria modalità di
gestire la res
publica,
introducendo nuovi e più moderni sistemi per il governo dei
cambiamenti organizzativi interni ed il controllo della gestione. In
primo luogo, è importante precisare che il controllo
della gestione
è cosa ben diversa dal controllo
sulla gestione.
Infatti, quest’ultimo non è esterno,
essendo affidato dalla norma (articolo 148 del Decreto Legislativo n°
267/2000) alla Corte dei Conti, ma si caratterizza, anche per essere
successivo
rispetto all’attivazione dei processi gestionali. In aggiunta,
oggi, una sorta di controllo esterno è anche quello affidato ai
diversi attori che popolano il territorio di riferimento di un Ente
Locale, i quali sono sempre più attenti alle modalità di gestione
delle risorse pubbliche ed agli impatti che l’adozione di politiche
pubbliche producono nel tessuto economico/sociale governato. In
secondo luogo, quando si fa riferimento ad una attività di controllo
della gestione, la mente richiama un significato prevalentemente di
natura “punitiva”,
facendo presagire scenari di applicazione che non trovano fondamento
nell’ampia letteratura sul tema. A
partire dai primi Anni Novanta, con la Legge n° 142/1990 cui ha
fatto seguito, quasi contemporaneamente, la Legge n° 241/1990,
l’orientamento del legislatore è stato quello di inserire
all’interno della Pubblica Amministrazione tecniche e modelli di
gestione di derivazione privatistica. La finalità dell’indicazione
fornita dalla norma era quella di dare attuazione ad alcuni principi,
il cui punto di partenza (o il perno intorno al quale ruota tutto il
Sistema Pubblica Amministrazione) è rappresentato dall’articolo 97
della Carta Costituzionale, che riassume nel “buon
andamento”
ed “imparzialità”
il significato cui deve ispirarsi qualsiasi politica pubblica, nonché
ogni modello di gestione interna delle risorse a disposizione, nella
loro più ampia interpretazione: finanziarie,
tecnologiche,
temporali,
strumentali
e umane. Il
Controllo di Gestione è uno dei più potenti (anche se sono in molti
a sottovalutarne la portata) strumenti di gestione perché non solo è
strettamente collegato, a monte e a valle, con altri documenti di
pianificazione (strategica ed operativa), ma, soprattutto, perché
rappresenta una vera e propria guida
a disposizione dell’Ente Locale per misurare i risultati delle
politiche pubbliche prodotte e contribuire all’intero processo di
miglioramento di tutta la gestione dell’Organizzazione. Se
la Legge n° 142/1990 non faceva esplicito riferimento al Controllo
di gestione come attività interna, tuttavia ne sottolineava
l’importanza di rilevare i risultati
della gestione
mediante contabilità economica. Si sono dovuti attendere cinque anni
per riconoscere giuridicamente il Controllo di Gestione (avvenuto con
il Decreto Legislativo n° 77/1995) come strumento necessario per
verificare l’efficacia,
l’efficienza
e l’economicità
dell’azione amministrativa. La norma stessa (articolo 147 del
Decreto Legislativo n° 267/2000) riconosce, parlando di
“verificare”,
quella funzione guida con la quale il Controllo di Gestione
accompagna l’intero processo amministrativo/gestionale verso il
perseguimento di quegli obiettivi intorno ai quali deve essere
costruita l’intera attività della Pubblica Amministrazione.
Obiettivi che non devono trovare nelle tre “E”
(Efficacia,
Efficienza,
Economicità)
gli unici parametri di riferimento tali da consentire automaticamente
il rispetto degli altri principi, ma anche nella razionalità
delle decisioni di vertice
il punto di partenza di tutto l’orientamento della politica
pubblica.
Solo unendo questi fattori la Pubblica Amministrazione potrà
garantire, all’interno quanto all’esterno, quel controllo della
sua azione lungo i binari disegnati dal Controllo di Gestione. Si
è accennato sopra che il Controllo di Gestione ha un ruolo centrale
all’interno di un Ente Locale in quanto cerniera di congiunzione
tra altri strumenti di pianificazione/programmazione strategica ed
operativa. Un’analisi più completa di questa visione può operarsi
solo prendendo in esame un Ente di grandi dimensioni, in quanto la
dimensione demografica ne obbliga per legge l’adozione di strumenti
che, nelle realtà minori, restano solo facoltativi. Partendo
da questi presupposti, è importante chiarire che l’attività di
controllo può esistere solo se a monte c’è un’attività
di programmazione. Tralasciando
la diatriba, più volte sollevata, sulla differenza tra
pianificazione
e programmazione,
differenza che riguarda l’orizzonte temporale cui si riferiscono le
previsioni, a monte del Controllo di Gestione si trova la seguente
documentazione:
- programma elettorale, elaborato dal candidato a Primo Cittadino in sede di competizione elettorale;
- programma di mandato, che traduce in obiettivi (macro) le indicazioni formulate nel documento presentato agli elettori;
- linee programmatiche, che sono presentate in Consiglio Comunale dal Sindaco e che traducono in azioni e progetti il contenuto del programma di mandato;
- relazione previsionale e programmatica, con la quale si dà attuazione alle linee programmatiche attraverso la definizione di programmi, progetti e azioni strategiche da realizzare, accompagnata da una motivazione delle scelte;
- bilancio pluriennale, il cui contenuto autorizzatorio (in termini finanziari) si estende ad un orizzonte temporale pari a tre anni (lo stesso della relazione previsionale e programmatica);
- bilancio annuale, il cui raggio di azione è limitato ad un anno;
- piano esecutivo di gestione (da alcuni chiamato anche bilancio operativo), attraverso il quale l’Organo Esecutivo affida gli obiettivi ai Dirigenti/Responsabili di Servizio, unitamente alle risorse necessarie per il loro conseguimento;
- piano dettagliato degli obiettivi, predisposto dal Direttore Generale, con il quale tutta l’attività dell’Ente viene coinvolta nella realizzazione degli obiettivi gestionali.
In
alcuni Enti (prevalentemente di grandi dimensioni) è anche
predisposto un piano
strategico di sviluppo,
che abbraccia un periodo temporale che va oltre la durata del mandato
del Sindaco e che coinvolge tutti gli attori economico/sociali del
territorio governato nella definizione di interventi strategici,
analizzandone anche la loro sostenibilità non solo
economico/finanziaria, ma anche ambientale. Nel
passaggio da relazione
previsionale e programmatica
a piano
esecutivo di gestione,
per finire con il piano
dettagliato degli obiettivi,
si attua progressivamente quella disaggregazione degli obiettivi
strategici
in obiettivi
operativi,
rafforzando quel principio di “separazione
dei poteri”
(sancito originariamente dall’articolo 3 del Decreto Legislativo
29/1993), che vede i primi rientranti nella funzione
di indirizzo
del vertice
politico/amministrativo
ed i secondi (declinati con maggiore dettaglio rispetto ai primi)
affidati agli organi
di gestione. Nella
letteratura che interessa l’azienda privata, il ciclo di
pianificazione e programmazione si chiude con l’attività di
controllo, mentre la dottrina pubblica aggiunge anche lo step
della valutazione.
In quest’ottica, infatti, è più visibile il ruolo centrale del
Controllo di Gestione, che assorbe informazioni dalla
pianificazione/programmazione, per rilasciarle sotto forma di analisi
sulle attività sviluppate, che sono propedeutiche alla successiva
fase di valutazione. Anche
in questa sede è necessario operare una precisazione sui tempi
rispetto alle azioni con i quali è esplicitata la attività di
controllo. Si parla, quindi, di:
- controllo preventivo, quando è effettuato prima che una determinata attività sia posta in essere. E’ una procedura sviluppata in ottica feedforward al fine di verificare in anticipo le eventuali criticità nascenti e conseguenti l’adozione di una decisione, consentendo l’individuazione di soluzioni alternative;
- controllo concomitante, da alcuni definito anche monitoring, con il quale la gestione è osservata con cadenza periodica per verificare il percorso di avvicinamento agli obiettivi finali, adottando gli opportuni accorgimenti per riassorbire eventuali scostamenti registrati sulla tabella di marcia (meglio se evidenziati da un diagramma di GANTT) oppure, nei casi più estremi, spostare il bersaglio qualora l’obiettivo originario non sia più realizzabile;
- controllo successivo, operato al termine del periodo amministrativo per mettere in evidenza gli scostamenti tra quanto programmato ex ante e quanto realizzato ex post. L’analisi degli scostamenti, in quanto strumento di cui si avvale il controllo di gestione, consente l’attivazione del feedback attraverso l’adozione di tutti quei meccanismi di correzione affinché in futuro le cause che li hanno prodotti non si verifichino più. Si tratta di un’attività che richiama la Teoria dei Rinforzi e che agisce sui comportamenti organizzativi messi in pratica dai soggetti impegnati in prima persona nel perseguimento degli obiettivi.
Un
ulteriore strumento di cui si avvale il Controllo di Gestione è
costituito dai report
(o dall’attività
di reporting)
usati in sede di controllo concomitante (e successivo), attraverso i
quali periodicamente si verifica lo stato di avanzamento degli
obiettivi (spesso, per evitare la proliferazione di report,
si opera per eccezione). Tra
gli altri strumenti a disposizione del Controllo di Gestione si
ricordano:
- la contabilità finanziaria, economica, analitica, utili per fornire preziose informazioni su particolari aspetti della gestione;
- i centri di costo per la corretta imputazione dei costi alle Unità Organizzative responsabili del loro sostenimento (nelle realtà più evolute, al fine di ridurre la soggettività connessa al driver preso in considerazione per il ribaltamento dei costi indiretti, si procede attraverso l’Activity Based Cost);
- gli indicatori, che sono strumenti segnaletici capaci di mettere in evidenza il grado di raggiungimento degli obiettivi e facilitare la successiva attività di valutazione dei risultati. Gli indicatori possono essere:
a) di attività,
quando consistono in valori assoluti e costituiscono la materia prima
per la costruzione di altri rapporti;
b) finanziari,
quando prendono in considerazione parametri finanziari (ad esempio:
entrate/entrate,
entrate/spese
o spese/spese)
appartenenti alla stessa sezione del bilancio o a sezioni diverse;
c) di efficienza
(o produttività),
quando prendono in considerazione le risorse utilizzate (input)
con i risultati ottenuti (output).
Sono di due tipi:
Input
|
||
Indice
di efficienza
(o di
costo)
|
=
|
----------------
|
Output
|
Output
|
||
Indice
di produttività
|
=
|
----------------
|
Input
|
Gli indici
di efficienza,
a loro volta, possono essere di due tipologie:
Costo
totale
|
||
Indice
di efficienza totale
|
=
|
-------------------
|
Output
|
Costo
di un fattore produttivo
|
||
Indice
di efficienza gestionale
|
=
|
------------------------------------------
|
Output
|
d)
di efficacia,
quando prendono in considerazione gli obiettivi in relazione ai
risultati prodotti (output)
o ai bisogni soddisfatti (outcome).
Si distingue, quindi, tra:
Obiettivo
|
||
Indice
di efficacia gestionale
|
=
|
----------------
|
Output
|
Obiettivo
|
||
Indice
di efficacia sociale
|
=
|
----------------
|
Outcome
|
Qualche
cenno, infine, merita la corretta collocazione dell’Ufficio
deputato al Controllo di Gestione all’interno della Struttura
Organizzativa. Negli Enti Locali di piccole dimensioni generalmente è
collocato all’interno dei Servizi Finanziari, con la criticità
rappresentata dal fatto che l’attività di Controllo di Gestione
interessa anche quella posta in essere dai Servizi Finanziari. Negli
Enti Locali di grandi dimensioni l’Ufficio che si occupa di
Controllo di Gestione è, in genere, ubicato alle dipendenze del
Direttore Generale o, comunque, in staff
al vertice politico/amministrativo. Il
Controllo di Gestione è articolato, a norma di legge, in tre
fasi e
riguarda tutta l’attività dell’Ente:
- predisposizione di un piano dettagliato di obiettivi, che mette così in evidenza quel ruolo guida dell’attività amministrativa;
- rilevazione dei dati e dei risultati raggiunti, utili ad attivare quel processo di valutazione della performance alla quale la cosiddetta “riforma BRUNETTA” (tracciata dal Decreto Legislativo n° 150/2009) ha messo l’accento per rendere ancora più efficiente la macchina burocratica e facendo acquisire alla Pubblica Amministrazione quel ruolo che le compete nel contesto economico/sociale improntato a trasparenza, dalla quale discende la nota “accountability”, ossia il rendere conto del prodotto delle politiche pubbliche;
- valutazione dei dati (risultati) rispetto agli obiettivi, per verificare non solo lo stato di attuazione, ma anche misurarne efficacia, efficienza ed economicità.
L’attività
del Controllo di Gestione è propedeutica alla valutazione
dell’intera Organizzazione, non solo della classe dirigente, ma di
tutti i dipendenti. La funzione di guida nei confronti sia
dell’azione amministrativa, sia di tutto il processo decisionale
che la presiede e di cui il Controllo di Gestione fornisce un
adeguato supporto, assume un’importanza strategica per quelle
Amministrazioni che vogliono impostare la loro attività nel rispetto
di quei principi di buon
andamento
e imparzialità
(cui ruotano intorno quelli di efficacia,
efficienza,
economicità,
pubblicità
e trasparenza)
per far sì che ogni politica pubblica adottata vada esclusivamente a
favore della Comunità di riferimento, realizzando in pieno
quell’accountability
(interna ed esterna) che non significa solo rendere
conto
di ciò che è stato fatto e come lo si è realizzato, ma soprattutto
acquisire consapevolezza
delle proprie azioni, ossia rendersi
conto.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Semplice n° 1/Gennaio 2014 con il titolo «Il Sistema dei Controlli interni negli Enti Locali: il ruolo del Controllo di Gestione»
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