Non
c'è niente di più interessante e intrigante di assistere, in
qualità di osservatore esterno e neutrale, ai preparativi che
precedono una campagna elettorale. Interessante perché, come
qualsiasi attività che esuli dal personale core
business,
consente di cogliere involontariamente alcuni elementi che
caratterizzano il comportamento organizzativo dei candidati.
Intrigante perché, al di là del coinvolgimento umano in un processo
strategico, dà l'opportunità di presenziare in prima persona alla
stesura di un documento, che definirlo "programma"
rappresenta un insulto all'intelligenza di chi dovrà decidere come
orientare la preferenza il giorno delle elezioni. Quindi, appare
evidente come il buon esito di una competizione elettorale ruoti
intorno ad una sorta di "dichiarazione
di intenti",
per la redazione della quale è, oggi, sempre più di moda affidarsi
ad un consulente esterno, così come un'impresa di successo si
rivolge ad un esperto di marketing
per programmare il lancio, la promozione, il packaging,
il
posizionamento e la successiva penetrazione di un prodotto sul
mercato. Il paragone testé presentato, tuttavia, si presta ad alcune
osservazioni. In primo luogo, esiste una sostanziale differenza tra
una persona candidata per una lista ed un'impresa. Se qualcuno ha
individuato la diversità nel fatto che un individuo è un essere
umano mentre un'impresa è una organizzazione (materiale, ma
costituita anche da risorse umane), può tranquillamente tirare un
sospiro di sollievo: ha preso una cantonata! L'elemento discriminante
consiste nell'appendice "di
successo".
Infatti, mentre un'impresa che sopravvive nella giungla
concorrenziale (a maggior ragione in un contesto globalizzato come
quello attuale) può, senza ombra di dubbio, essere considerata tale,
lo stesso può dirsi per un candidato? Può colui che aspira a
guidare un Paese definirsi "vincente"
in uno scenario in cui, per convincere gli elettori, non ha fatto
ricorso ad aspetti caratterizzanti la sua personalità, ma ha
"barato",
fornendo un'immagine non veritiera ed un prodotto virtuale creati ad
hoc
da un esperto? In secondo luogo, è così pregnante e fondamentale
rivolgersi a terzi per delineare le linee guida di un progetto per il
futuro? Quali capacità innate sarà in grado di esternare un
candidato simile una volta impossessatosi del potere? Sarebbe come
promuovere un alunno facendolo passare per il "primo
della classe"
(e, quindi, un potenziale "talento")
dopo che lo stesso ha superato un esame copiando! Si potrebbe
affermare che si tratta di uno "studente
modello"
e, quindi, capace e meritevole? Infine, cosa qualifica un consulente
come "esperto"?
L'essere impegnato costantemente sul campo, in uno specifico settore
di interesse che lo rende conteso, a suon di parcelle, tra
concorrenti oppure l'essere in cerca di occupazione e prestarsi a
fornire consigli nella speranza di ricevere (in caso di vittoria alle
elezioni) un incarico a spese dei Cittadini per lo svolgimento di una
attività per la quale esiste già un ufficio e dei dipendenti
preposti a quel lavoro? Ecco, quindi, che da questa breve analisi gli
elettori possono iniziare ad avere qualche elemento aggiuntivo per
implementare le loro valutazioni, coadiuvandoli a leggere, con
spirito critico, ogni "programma
di mandato"
per comprendere se gli ingredienti sono stati appropriatamente
combinati tra loro oppure se si è trattato di una ratatouille
o, peggio, di un minestrone di idee prive di alcun collegamento
logico e, conseguentemente, insostenibili. La cosa triste è che ogni
candidato generalmente si sforza persino di essere preciso,
dettagliando nei minimi particolari linee di condotta che si impegnerà a portare avanti in caso di vittoria. Se ci fosse la possibilità di
interloquire con simili individui durante la preparazione di questo
documento, l'economista John Von NEUMANN direbbe: «Non
ha alcun senso essere precisi, quando non si sa nemmeno di che cosa
si sta parlando!».
In altre parole, sarebbe come leggere un volume dove i diversi
capitoli non sono concatenati tra loro, sviluppando una trama
avvincente, ma sarebbero la risultante di estrapolazioni di frammenti
appartenenti a libri aventi tematiche diverse. Non ci sarebbe alcun
filo logico da seguire, perché le fantasie formulate sarebbero confusionarie,
non realizzabili e, quindi, prive di credibilità. Ora vi chiedo:
"Comprereste
un'opera letteraria simile?".
Potete anche non rispondere immediatamente, perché prima dovete
compiere la vostra scelta, andando a votare. State tranquilli,
esercitare questo diritto/dovere non costa nulla, pagherete dopo.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: www.tigulliana.org (nella Rubrica "Diritto di Parola") del 19 aprile 2014 con il titolo «Fuori da ogni evidente realtà»
Caro Emanuele, come sempre ho letto con piacere il tuo articolo ma questa
ReplyDeletevolta, a differenza di tutte le altre, mi permetto di aggiungere un
commento, una convinzione che mi sono fatto considerando tutto ció che ê
diventata la nostra realta sociale e politica, che, in fondo, sono ben
collegate tra loro. Riassumendo per cui il mio pensiero in una sola frase
ti diró che, probabilmente, il problema non sono strettamente i
politici, che in ogni caso vengono eletti, ma gli italiani in generale,
che essi siano giovani o di etá avanzata; persone che vivono nel
menefreghismoi, o in un permissivismo socialmente apparente, illusi o
legati a antichi ideali ormai utopici, annegati in convinzioni che non
hanno piú riscontri in una attuale classe politica fatta solo da
faccendieri e apprendisti scalatori di casta........Forse, aveva ragione
T. Jefferson quando disse che l'albero della libertà (e per me va
intesa in senso ampio) deve essere rinvigorito di tanto in tanto con il
sangue dei patrioti e dei tiranni. Il grande problema di base è: esistono ancora tra noi
individui che possano ritenersi patrioti?