Parlare di produttività del lavoro in Italia è
sempre stato un tabù. Non appena si pronuncia questa parola magica, scattano
immediatamente rivendicazioni sindacali tali da indurre i promotori dell’argomento
ad innescare rapidamente la retromarcia su qualsiasi proposta orientata in
questa direzione. La crisi economica, che ormai si trascina da qualche anno e
non lascia intravvedere all’orizzonte una definitiva via d’uscita, non permette
di incrementare ulteriormente sia il costo del lavoro, sia quello legato ad
ulteriori investimenti. Si rischierebbe il collasso del sistema produttivo su
sé stesso e la fine di qualsiasi pretesa non solo salariale, ma anche
occupazionale. L’Italia si sta lentamente incamminando dentro un circolo
vizioso dal quale poi sarà difficile venirne fuori se non con
politiche/strategie al limite della sopportazione. Occorre già ora mettere in
moto meccanismi correttivi capaci di produrre quella “grande spinta” in
grado di riportare il Paese lungo il cammino della crescita economica. I
benefici occupazionali e salariali seguiranno automaticamente a ruota. Deve
essere chiaro sin dall’inizio della discussione che non è dall’aumento delle
retribuzioni o dalla riduzione della disoccupazione che si genera una maggiore
produttività. E' proprio l’esatto contrario. Occorre, tuttavia, avere la
pazienza di attendere che i benefici siano capitalizzati prima di agire sul
secondo fronte. Purtroppo, oggi, non si vuole più aspettare. Chi è preposto
alla difesa dei lavoratori pretende “tutto e subito” e non è disposto a
valutare costruttivamente altre potenziali alternative. Se non si metteranno in
discussione questi comportamenti organizzativi, presto ci si dovrà rendere
conto che a farne le spese saranno solo i lavoratori, che dovranno miseramente
accettare “niente e mai”. E' necessario prendere coscienza che aumentare
il rendimento del lavoro significa solamente incrementare la produzione di “olio
di gomito”, senza poter avere nell’immediato alcuna contropartita, ma solo
la consapevolezza che ciò rappresenta un proficuo investimento per la crescita
economica ed il miglioramento delle dinamiche occupazionali e salariali. E' da
questa prospettiva che si deve affrontare il problema e non attraverso obsolete
miopie strategiche che nel tempo non hanno mai prodotto alcun risultato, se non
quello di aver peggiorato situazioni pregresse. Non si può demolire un qualcosa
che non esiste. Per poter distruggere, nel senso di
assorbire/consumare/redistribuire, la ricchezza occorre prima di tutto
edificare le premesse per una sua perpetua creazione nel tempo. In alternativa,
si dovrà tristemente prendere atto che si sta progressivamente distruggendo, in
questo caso nel vero senso della parola, quelle poche risorse che ancora sono
rimaste.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Il Nuovo Picchio n° 10-11/Ottobre-Novembre 2013 con il titolo «La produttività dei miracoli»
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