In
Italia, fortunatamente, la libertà di pensiero è tutelata e garantita dalla
Carta Costituzionale sin dai tempi del dopoguerra. E' opportunamente e
volutamente inserita all’interno di quei principi fondamentali ed inviolabili
frutto di un lungo dibattito parlamentare mirato a salvaguardare
definitivamente quella libertà di espressione che il recente passato aveva
violentemente abolito od impedito. In sede costituente è ancora oggi
affascinante osservare e ricordare come dallo scontro di opinioni diverse e,
spesso, divergenti sia stata partorita una soluzione condivisa e apprezzata al
termine di un processo lento, laborioso e, alla fine, fruttuoso. Questo è
potuto accadere solo perché di fronte alla diversità culturale dei membri
dell'Assemblea Costituente, l’obiettivo comune e primario, pur nel rispetto
reciproco, era quello di comprendere anche le ragioni dell’altro. Oggi, la
Costituzione manifesta ancora la sua vitalità, ma quel principio di libertà di
espressione appare come sepolto sotto le macerie di un livello culturale
arenatosi nella peggiore chiusura mentale di fronte a cambiamenti che non si
possono né ostacolare, né fermare. E’ assai difficile immaginare di illustrare
il proprio punto di vista ad una platea la cui opinione è orientata in altra
direzione. Il rischio è quello di essere interrotti un migliaio di volte e
contestato miseramente per ciò che si aveva l’intenzione di sostenere. All’estero
ciò non accade. Anzi, se il pubblico è di un certo colore, questo rappresenta
uno stimolo a manifestare liberamente un’idea contraria, sperando che insieme
alla platea si possa aprire un’ampia discussione. Infatti, il punto di forza
non è rappresentato dall’oggetto del contendere e nemmeno dalle differenti
opinioni dei convenuti. La più grossa opportunità è offerta dal dibattito che
ne può scaturire, dove ciascuno non sostiene più a spada tratta la propria
idea, ma la mette in discussione, cercando di trovare dei punti di contatto o
di intersezione e non necessariamente elementi di divisione e di lontananza con
l’interlocutore. E’ proprio grazie a questa diversità che si può riuscire ad
incrementare il patrimonio culturale degli individui e spalancare le porte ad
una vera libertà di espressione, manifestata senza la necessità che sia
stampata su un foglio di carta o calpestata ad ogni ricorrenza. In Italia, al
contrario, si assiste quotidianamente a contraddittori inutili e ridondanti
dove la finalità estrema è quella di svergognare la persona che si ha di fronte
piuttosto che creare insieme a lui le premesse per una soluzione dei problemi
che, non sono mai di parte, ma comuni. L’attenzione dei media si è
spostata, probabilmente per questioni di audience o di tiratura, sul gossip
anziché ciò che la cultura e la scienza hanno scoperto. E’ più importante
concentrare energie e fiumi di parole o di inchiostro sull’ultimo scandalo di
palazzo anziché “perdere tempo” a formulare considerazioni su ciò che la
diversità culturale contribuisce a costruire. In democrazia non serve avere un
esercito di pappagalli perché l’errore non sarebbe mai messo in discussione ed
ostacolato nella diffusione, ma ripetuto fino all’ultima eco. Se un argomento
susciterà interesse e darà luogo ad un dibattito, l’insegnamento che se ne
potrà trarre è solo quello di una profonda soddisfazione. Ma per farlo non
occorre andare lontano o fare tanta fatica. E’ solamente richiesto di essere culturalmente
diversi.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Il Nuovo Picchio n° 09/Settembre 2013 con il titolo «Il potere della diversità culturale»
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