Nelle
ultime settimane si è assistito, con crescente intensità, alle più
svariate e colorite diatribe innescate dall'applicazione di un
tributo: la famigerata TARES,
acronimo di TAssa
Rifiuti
E
Servizi.
Un balzello piombato al rallenty
sugli Enti Locali e automaticamente scaricato a velocità supersonica
sul destinatario finale: il Cittadino. Un ulteriore tributo
legiferato a livello centrale in barba a quel principio di autonomia
finanziaria della Autonomie Locali mai completamente realizzato e
sempre più orientato a sostenere quello imperniato sulla finanza
derivata. In questo modo, l'hobby
dello "scarica
barile" ha
potuto perpetuare la sua esistenza e costituisce, da sempre, un
ottimo paravento per quei Governi che, per evitare di dover essere
sanzionati dai propri elettori, ribaltano sulla periferia
amministrativa la responsabilità delle decisioni di aumentare la
pressione tributaria. La "patata
bollente" è
così passata nelle mani delle Amministrazioni Locali che non sono
state capaci di fare altro che dare attuazione, sic
et simpliciter,
alla norma.
Sarebbe stato troppo difficile e faticoso studiare soluzioni
alternative in grado di limitare l'oppressione fiscale sui
contribuenti. Un comportamento organizzativo orientato in questa
direzione avrebbe richiesto di "scomodare"
i responsabili, invitandoli ad investigare sui centri di costo ed
analizzare ogni singola voce spesa nel profondo. Infatti, la
"pericolosità"
di una simile azione avrebbe potuto fare emergere oneri non solo
inutili e superflui, per evitarne in futuro la loro ridondante
ripetizione, ma anche non imputabili direttamente ai costi di
erogazione di un servizio per il quale la legge richiede l'integrale
copertura. Se un'indagine così prospettata fosse stata messa in
pratica, avrebbe imposto un insieme articolato e complesso di
operazioni con un potenziale unico beneficiario finale: il Cittadino.
Tuttavia, questo maniacale interesse verso il contribuente avrebbe
potuto rompere equilibri interni, perché sarebbe stato necessario
mettere in moto ingranaggi arrugginiti dalla prassi, con il rischio
di ingrippare tutta l'impalcatura burocratica che poggia solidamente
sulle fondamenta della disorganizzazione generalizzata. Pertanto, il
rischio calcolato sarebbe stato quello di mandare in stallo l'intera
attività amministrativa, creando l'alibi per accusare gli
Amministratori di indebita ingerenza nella gestione. Peccato, che
questa forma di invadenza è, invece, sempre ben accetta quando si
tratta di demandare la responsabilità di competenza a terzi,
attraverso deliberazioni politiche su fatti gestionali. Ed è proprio
grazie a questo modus
operandi che a farne
le spese è sempre lui: il Cittadino. Un personaggio che, nel
pensiero politico, si materializza come oggetto del desiderio più
sfrenato solo quando gli si deve "umilmente"
chiedere di aprire il portafoglio. In questa circostanza, senza ombra
di dubbio, tutte le abilità, capacità e competenze riescono ad
emergere come d'incanto, perché è di vitale importanza riuscire ad
individuare nuove e moderne tecniche comunicative per potersi
prendere gioco del contribuente ed offendere la sua intelligenza.
Diventa così necessario ingegnarsi per cercare di confonderlo con
acrobatici giri di parole in prospettiva di lubrificarlo per bene
prima di penetrare a fondo nelle sue tasche. Se poi a questo
divertimento perverso vogliono essere della partita altre componenti
del panorama politico, che risvegliati dal prurito della primavera
elettorale escono magicamente dal loro letargo, allora le tecniche di
adescamento di gruppo rischiano di cadere in allucinanti e volgari
promesse destinate a rimanere sterili manifesti propagandistici.
Rimane solo da augurarsi che coloro che un domani saranno chiamati a
decidere le sorti del loro futuro non cadano in questo abile tranello
tessuto da menti machiavelliche. Occorre prendere coscienza che il
Cittadino merita rispetto e non vuole più essere l'ingrediente
principale per la preparazione di un banchetto di cui non ne ha mai
assaporato i benefici, ma vuole sedersi direttamente al tavolo
perché, a pensarci bene, è l'unica persona titolata a nutrirsi di
ciò che ha contribuito a cucinare.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: www.tigulliana.org (nella Rubrica "Diritto di Parola") del 10 agosto 2013 con il titolo «Tassa che ti passa»
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