Non
passa giorno senza che i media nazionali pubblichino
in prima pagina a caratteri cubitali o urlino
i titoli dagli schermi televisivi per
evidenziare la
drammatica situazione economica che, ormai da anni, sta attraversando
l'Italia. Se poi, tra la notizia di un nuovo balzello e lo spreco di
risorse pubbliche, ci
si concentra alcuni istanti sull'argomento
disoccupazione, i dati evidenziano, quasi beffardamente, un
incremento a fronte di vistosi e simmetrici cali sul fronte
dell'economia e della finanza. Una crescita del tasso di
disoccupazione con tanto di segni più davanti da fare invidia a
molti, se non fosse per il fatto che si tratta di una informazione
che illustra l'andamento di un evento
negativo e
non un segnale di benessere
collettivo.
Se ancora ci si cala all'interno della fattispecie, circoscrivendola
all'intorno della
generazione più giovane,
allora il velo pietoso non avrebbe la lunghezza sufficiente per
coprire interamente la superficie poliedrica del fenomeno. Ma in
Italia, è noto,
si attende sempre che i problemi esplodano, manifestando tutta la
loro potenza distruttiva, piuttosto che metterli in conto
anticipatamente per affrontarli con la dovuta serenità,
sperimentarne soluzioni e risolverli tempestivamente con competenza e
l'ausilio di strumenti adeguati. Al contrario, si preferisce la
tipica improvvisazione "Made
in Italy",
un marchio di fabbrica che contraddistingue la politica italiana,
l'unico brevetto privo di valore, un copyright
che nessuno al
mondo si permette di imitare.
Nel Bel Paese,
prima di
affrontare
seriamente una
questione è
necessario attendere
che l'acqua
arrivi alla
gola, per poi
giustificare ogni decisione sciagurata con la scusa dell’urgenza.
Lo stivale non è
mai stato in grado di rappresentare
un vantaggio competitivo rispetto agli altri partner
europei. Loro
hanno capito che
la nostra debolezza
si insinua nello sponsor
di
"chissenefrega",
consapevoli che in
Italia il gioco preferito è quello dello scarica barile
sul malcapitato di turno
che segue a ruota.
Per catturare l'attenzione è necessario provocare, scuotere le
coscienze, generare
degli shock
per costringere le persone a trovarsi
di fronte alle conseguenze negative cui si rischia di andare incontro
piuttosto che al fatto compiuto. Come procedere
in questa direzione?
E’ molto
semplice!
Non servono saggi
od esperti di alto profilo, perché appartengono a quella generazione
responsabile degli attuali disastri e sono privi di quella conoscenza
necessaria per affrontare i problemi usando il linguaggio moderno. E'
sufficiente porsi delle domande, banali, ma allo stesso tempo
pungenti su aspetti comportamentali
che essendo entrati a far parte della quotidianità familiare,
neppure ci si fa più caso, perché la routine
ha la proverbiale
capacità di non
creare
fastidiosi problemi.
Infatti, perché
preoccuparsi quando la
pratica del
"tirare
a campare"
ci fornisce la
sensazione di star
bene? In questo caso, non occorre chiederlo a chi ci ha preceduto e/o
governato. Non
occorre perdere tempo e risorse pubbliche a nominare saggi od esperti
di comprovata esperienza (forse in tema di generazione di problemi,
piuttosto che di una loro risoluzione). La
risposta la si può
trovare
osservando
a quale punto
siamo arrivati dopo aver
compiuto tanti
sacrifici.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Il Nuovo Picchio n° 06-07/Giugno-Luglio 2013 con il titolo «Focus sul Made in Italy»
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