E'
risaputo che la comprensione è l’anima della convivenza.
Un'affermazione difficile da far digerire a qualsiasi esponente
politico in un contesto come quello attuale, perché quando un
individuo conquista o eredita lo scettro del potere, il clima che si
inizia a respirare nel paese diventa, con intensità crescente, molto
pesante. E'
un dato di fatto che qualunque decisione presa nell’arco temporale
del periodo governativo, anche se studiata con caparbietà ed
ostinazione da persone di spiccata competenza, etica e moralità, non
è mai accettata di buon grado dal popolo. Il
più delle volte, la responsabilità è da attribuire ai canali di
comunicazione, che non hanno ancora raggiunto quel livello di
efficienza idoneo a mettere i Cittadini nelle condizioni di percepire
l'utilità delle azioni che un governo in carica ha intenzione di
realizzare. Il
Premier,
nel suo intimo pensiero, tende a vedersi raffigurato come un pastore
impegnato, con amore e dedizione, a pascolare una mandria di
Cittadini indisciplinati, che, con dispetto, rifiutano di
incolonnarsi in ordinata fila per intraprendere un cammino lungo il
percorso di salvezza prospettato. A
peggiorare le cose, anche coloro che nell'Assemblea rappresentano
l'antitesi della maggioranza, si mettono di traverso, ostacolando con
argomentazioni di lana caprina sul sesso degli angeli il regolare
svolgimento di una legislatura, piuttosto che sviluppare un
contraddittorio costruttivo sulle cose che concretamente andrebbero
fatte. Se
questo è lo scenario, gli appelli per sviluppare un confronto
dialettico, imperniati sul rispetto reciproco e impegnati
prevalentemente sul piano della riconciliazione, sono destinati a
rimanere inascoltati. Sembra
di essere tornati indietro nel tempo, quando, sul finire degli Anni
Cinquanta, l'uso della parola "pace"
era consentito solo a coloro che godevano della fiducia del potere.
Gli altri, se osavano pronunciarla, erano immediatamente incriminati
come sovvertitori dell'ordine pubblico. Oggi,
per andare incontro ad una esigenza di pacificazione è necessario
cambiare strategia, cercando il più possibile di avvicinare il
proprio linguaggio a quello dei Cittadini per evitare di essere
fraintesi. Così facendo, non ci sarebbero più scusanti, perché i
messaggi lanciati non solo sarebbero chiari, ma anche compresi. In
caso contrario, neppure l’ultimo dei seguaci, incantato dall’icona
di una suprema effige politica, riuscirebbe nel delicato compito di
riportare luce, pace e armonia all’interno di una collettività
ridotta all’esasperazione. D'altronde, è opinione diffusa che un
forestiero non è mai visto di buon occhio dal paesano che rifiuta
ostinatamente di affacciarsi alla finestra per osservare il campanile
altrui. Governare
pensando di essere onnipotenti e onniscienti porta a credere,
erronemente, di poter essere statisti di razza pura, capaci di
manifestare una certa sensibilità verso le persone e i loro bisogni.
Un po' come a voler rispettare il dettato di quel proverbio
piemontese secondo il quale «al
politico interessa la gente, come alle pulci i cani». Per
queste ovvie motivazioni, quando si matura la decisione di entrare in
politica, il primo pensiero deve essere indirizzato agli altri,
perché è un obbligo collocare i Cittadini in primo piano, affinché
le politiche pubbliche possano essere plasmate intorno alle loro
esigenze. Questo
dovrebbe essere il cavallo di battaglia di ogni politico! Per
realizzare il desiderio occorre circondarsi di persone di indiscussa
onorabilità, la cui presenza farebbe convergere progressivamente
verso la coalizione di governo un'ampia condivisione d'intenti, anche
di diverso colore. L'ascia
di guerra, le polemiche sterili, le ripicche e le vendette dovrebbero
essere seppellite nel passato. E' giunto il momento di guardare
avanti, per costruire un futuro migliore. Sicuramente qualche mela
marcia potrebbe accodarsi, ma questo genere di persone non vanno
coltivate perché, un domani, potrebbero adoperarsi per fini poco
nobili. Una
volta messo piede nel Palazzo è anche necessario imparare al più
presto i meccanismi di funzionamento, per individuare la collocazione
dei centri di potere, per affievolirne non solo l’influenza, ma,
soprattutto, l’ingerenza. Ci sono sicuramente leggi da rispettare,
che non possono essere modificate a piacimento solo perché emanate
dai predecessori e le stesse, a maggior ragione, non vanno
interpretate per gli amici e applicate per i nemici. Non
bisogna sottovalutare che, nella formazione di una nuova classe
dirigente politica, molte competenze possono essere attinte tra
coloro che hanno già avuto esperienze similari, ma occorre anche
informarsi se è possibile staccarli da quelle reti di complicità e
di irresponsabilità in cui potrebbero essersi imbrigliati nel
passato. Il
Premier
deve essere cosciente che persone politicamente vergini non cederanno
mai ad alcuna pressione proveniente da quell'insieme di interessi di
classe appartenenti ad una società affaristica, al cui interno si
colloca ogni forma di associazionismo. L'interesse pubblico trova
residenza in azioni di buon governo, che normalmente si sviluppano
attraverso l'allocazione di risorse collettive. Queste
non devono mai attirare l'attenzione di individui il cui obiettivo è
esclusivamente quello di favorire iniziative personali. Il processo
di ridistribuzione deve costituire l’elemento cardine per stimolare
il sistema economico, affinché i benefici prodotti risultino
superiori ai costi necessari per ottenerli. Laddove
l'iniziativa privata genera interessi parziali, destinati a
soddisfare i bisogni di una specifica categoria di utenti, nessun
incentivo dovrà essere erogato, specie se sacrifica altre necessità
collettive più pregnanti. Questo modo di fare politica, però, non
sempre è compreso da chi ha a cuore il proprio ego. Ogni
rinuncia ad assecondare esigenze di terzi rischia di tradursi
inevitabilmente in una perdita di consenso elettorale, che, a sua
volta, spingerà in depressione anche il più ottimista dei
governanti per effetto della percezione di impotenza a veder
realizzati i personali desideri. Con
il prosieguo della legislatura, gli errori commessi e le incapacità
dimostrate non devono necessariamente trovare un capro espiatorio sul
quale scaricare tutti i fallimenti governativi, demandando ad un
rimpasto la speranza di risollevare le sorti di un gruppo politico in
agonia. Anche
in questa circostanza, la storia ha sempre riservato amare sorprese,
lasciando di stucco anche coloro che instancabilmente e
pervicacemente hanno continuato a riporre la personale fiducia in
quel condottiero in possesso dello scranno del potere. E'
notorio, infatti, che una crisi, qualsiasi natura abbia
(amministrativa, economica, esistenziale, finanziaria, gestionale,
monetaria, politica, sociale, tecnologica, temporale), si manifesta
sempre improvvisamente. Questo, tuttavia, in nessun caso, deve
indurre a pensare che le determinanti risiedano nella sua
imprevedibilità. Infatti,
la genesi di qualsiasi congiuntura sfavorevole si colloca sempre
nella incapacità, da parte di chi governa le sorti di un paese, di
saper riconoscere, in congruo anticipo, i segnali che la
preannunciano. Lo stesso Niccolò
MACHIAVELLI,
ne "Il
Principe"
aveva evidenziato come la maggior parte delle persone riconosce
l'esistenza dei problemi nel momento in cui hanno raggiunto una tale
dimensione che li rende irrisolvibili. A
poco serve ingegnarsi con palliativi o piccoli correttivi. Meno
ancora è utile prendere tempo, accantonando il problema come se non
esistesse, anziché affrontarlo coraggiosamente. Di fronte a quelle
che gli economisti amano definire "vendette
del mercato",
occorre rispondere con una riforma strutturale. In
altre parole, diventa preferibile abbandonare comportamenti
clientelari e servilisti per mettere in campo le proprie abilità,
avendo come guida l'interesse generale. L'alternativa potrebbe essere
quella di perpetuare nei comportamenti adottati in passato, evitando
così di scontentare qualcuno. A lungo andare, si creerà un danno
per tutti, compreso quel "qualcuno". La
carne, però, è debole ed il peccato tende progressivamente a
prendere corpo. In uno scenario del genere, quindi, la decisione che
può garantire un maggior piacere è quella che si propone la
finalità di tirare a campare. In
questo modo è possibile far perno su quell'orgasmo multiplo che,
normalmente, si raggiunge continuando a partecipare a riunioni
orgiastiche, nelle quali il principio enunciato da George
ORWELL
secondo il quale è necessario «lasciare
che sia il significato a scegliere la parola e non il contrario»
è completamente disatteso. Ed è proprio questa espressione che
mette in evidenza il senso delle deliberazioni assunte. Infatti,
la soddisfazione del piacere non consiste nel raccogliere i frutti
prodotti da obiettivi ambiziosi, ma nel barcamenarsi, ciondolando
come anime del purgatorio, per tamponare con foglie di fico gli
strumenti usati per approvare le pratiche collegiali. I
più bigotti, potrebbero gridare allo scandalo nel sapere quale tipo
di condotta è perseguita nelle stanze del potere, ma il nucleo
centrale rimane convinto che quella rimanga la strada maestra per
penetrare a fondo nel tunnel
dei problemi che assillano i Cittadini. In
questo caso, per sopravvivere è necessario giocare di anticipo,
perché la velocità del cambiamento sia inferiore a quelle delle
decisioni, altrimenti ci si troverà a dover rincorrere gli eventi
che viaggiano, come i neutrini, ad una velocità superiore a quella
della luce, con la triste consapevolezza di dover prendere atto di
essere inadeguati a guidare un paese. Sarà
forse per queste motivazioni che Woody
ALLEN affermò con convinzione che: «I
politici hanno una loro etica. Tutta loro. Ed è una tacca più sotto
di quella di un maniaco sessuale»? Nel
contesto di una simile riflessione diventa concreta la possibilità
di individuare una risposta sensata all'interrogativo che da lungo
tempo tutti si pongono: «Cosa
spinge l'essere umano a sacrificare gran parte della sua esistenza
alla politica?». Un
dilemma che trova ampio consenso tra le diversità di genere che,
rifacendosi al postulato elaborato da Henry
KISSINGER,
riconoscono nel potere l’unico desiderio che l'uomo vorrebbe
esaudire, perché «il
potere è l'afrodisiaco supremo». Questa
aspirazione rischia, però, di non trovare mai piena soddisfazione se
non è strettamente affiancata dalla componente fiduciaria che i
cittadini percepiscono nei confronti di colui che ambisce ad un ruolo
di primo piano nella società civile. Infatti,
l'interesse personale ad occupare un posto di vertice nella gerarchia
pubblica dovrebbe essere guidato dal perseguimento di una missione
improntata a realizzare il benessere collettivo e non quello
individuale. Alla
luce delle recenti esperienze, il condizionale, purtroppo, è
d'obbligo. L'essere umano, infatti, tende a prendere coscienza della
realtà solo dopo che si è materializzata, trovando ancora
difficoltà ad immaginarne in anticipo una potenziale evoluzione. Thomas
JEFFERSON disse:
«Si
dice talvolta che non è bene fidarsi del governo dell'uomo su se
stesso. Come si ci può, allora, fidare del suo governo su altri? O
non sarà che i regnanti sono in realtà angeli travestiti? Lasciamo
che a giudicare sia la storia». Questo
è un comandamento da tenere in considerazione nel prossimo futuro.
Servirà per evitare di ripetere gli stessi errori commessi in
passato.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Il Futurista del 11 novembre 2011 con il titolo «Desiderio e piacere: la nuova frontiera della politica»