Quando nel lontano 1989 il mondo ha assistito in
diretta televisiva alla caduta del muro di Berlino, in molti hanno tirato un
respiro di sollievo. Quelle immagini avevano sancito la fine della cosiddetta
"Guerra Fredda" fra l'Occidente ed il blocco dei paesi
dell'Europa dell'est. Una divisione nata sulle ceneri della Seconda Guerra
mondiale per sancire due modelli economico/politici antitetici. Il primo devoto
all'economia di mercato, che in quasi mezzo secolo ha saputo garantire un certo
livello di benessere tra la
popolazione. Il secondo ispirato alla collettivizzazione dei mezzi di
produzione che, per contro, non è stato capace di dimostrare di essere meglio
dell'altro, creando malessere tra i
Cittadini. Dal crollo dell'economia socialista, il mondo occidentale, insieme
ai paesi del blocco sovietico avrebbero potuto costruire un’area comune
destinata al benessere perpetuo. Ciò non è avvenuto. La fine di un problema ha
coinciso con l'inizio di una catastrofe. Il castello di carte edificato su un
terreno di argilla ha iniziato a sbriciolarsi sotto il peso di uno stile di
vita che artificialmente era stato sponsorizzato dai debiti. In altre parole,
una "democrazia drogata" è stata propagandata per decenni non
per realizzarla compiutamente, ma per voler dimostrare che la ragione si
collocava al di qua della cortina di ferro. Un inganno perpetuato nel tempo,
nella speranza che presto si sarebbe potuto perseguire un secondo fine.
L'attesa è stata premiata e la dissoluzione del socialismo reale ne ha svelato
il suo lato peggiore, contribuendo a far sciogliere la maschera del sistema
capitalistico, mettendone lentamente in evidenza, con una prepotenza inaudita,
il suo lato oscuro. Il sogno di un'Europa Unita sotto un unico ombrello e senza
più divisioni si poteva, e così è stato, realizzare. Tuttavia, l'unione non ha
fatto la forza, ma ha avuto l'energia necessaria per fare emergere le debolezze
di un impianto egoistico mirato ad egemonizzare, in forma pacifica, la politica
degli interessi di pochi a scapito di quelli di molti. Con questo ritmo,
iniziano ad avvertirsi spinte di dissoluzione, il malessere della ricchezza
accumulata si estende a macchia d'olio perché la "democrazia drogata"
non è riuscita nell'intento di assuefare il popolo. Dopo aver brindato al
successo, la sbornia di vivere in un'Europa dei diritti sta passando. Bisogna
prima di tutto assolvere ai doveri, mettere mano ai disastri provocati da
comportamenti irresponsabili che hanno manovrato il sistema economico verso una
direzione che si sta rivelando fallimentare. Per far osservare i doveri occorre
abolire i diritti (così come ha iniziato a fare uno Stato dell'Unione Europea)
per poi chiudersi a riccio in un sistema economico autarchico che sarà
destinato ad esplodere quando, in preda ad un attacco di claustrofobia, non
riuscirà più a trovare una via d'uscita. Se l'Unione Europea non riprenderà la
sua originaria missione, il rischio sarà quello di disintegrarla in tanti
regimi autarchici fino a quando una reazione a catena scatenerà un nuovo conflitto.
Autore: Emanuele COSTA
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Il Nuovo Picchio n° 04/Aprile 2013 con il titolo «Verso un nuovo conflitto?»
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