Recentemente
l'ISTAT ha pubblicato il Dossier "Noi
Italia".
Un documento che, attraverso un abile intreccio tra una sequenza di
lettere per formare le parole ed un formicaio di numeri tradotti in
percentuale, dà un senso compiuto alla situazione economico/sociale
del Paese. Nella Sezione "Mercato
del lavoro",
un dato emerge con prepotenza: la situazione allarmante e, allo
stesso tempo, preoccupante del malessere che circonda le legittime
aspirazioni di quel mondo di giovani che si collocano in un range
di età compreso tra i 15 ed i 24 anni, ossia quello che si configura
come la "generazione
del futuro".
Nel 2009 il tasso di disoccupazione giovanile si è attestato al
25,4%
(in crescita dal 21,3%
registrato nel 2008) a fronte di una media europea del 19,8%.
In altre parole, circa un quarto dei ragazzi non riesce a realizzare
le proprie aspettative di entrare a pieno titolo nel mondo del
lavoro. Per sottilineare la drammaticità del dato, quella che è
stata definita come la "generazione
del futuro"
rischia di convertirsi in una "generazione
senza speranza".
Alla luce di queste informazioni statistiche, un interrogativo tarda
ancora a trovare una risposta: "A
cosa serve studiare se poi la realtà non offre alcuna prospettiva?".
Nel giugno del 1851 Friedrich
ENGELS
scriveva a Joseph
Arnold von WEYDEMEYER: «Se
uno non studia sistematicamente, non arriverà mai a nessun
risultato».
Anche se il contesto cui si riferiva l'enunciazione del principio era
tutt'altro, il suo significato rende, con maggiore incisività,
l'idea intorno alla quale si confrontano le giovani generazioni di
oggi e di domani. In una società priva di valori è facile perdere
la bussola della ragione, intesa come comportamento razionale
improntato alla costruzione del proprio futuro. Oggi appare ancora
più evidente il senso di smarrimento che un giovane incontra di
fronte ad un dilemma esistenziale, che si rispecchia nella forma
interrogativa del postulato elaborato da Friedrich
ENGELS
oltre un secolo fa. Infatti, molti potrebbero, a ragione, contestarne
l'assioma, prendendo tristemente atto che, in una società incapace
di riconoscere i valori, è vero l'esatto contrario. Così sono
molteplici coloro che, presi dallo sconforto, si domandano a cosa
possa servire studiare sistematicamente se poi, alla luce dei fatti,
non si riesce a raggiungere alcun traguardo, perché quelle abilità
alle quali la società di oggi riconosce un valore, si identificano
in altre qualità, che nulla hanno a che fare con il merito.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: www.actadiurna.it il 18 febbraio 2011 con il titolo «Generazione senza speranza»
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