Nel piano “e-government 2012”, realizzato dal
Ministro per la Pubblica Amministrazione e Innovazione Renato BRUNETTA, sono tracciate
le linee guida di alcuni progetti innovativi, che si propongono di rilanciare
l’attività dell’intero Settore Pubblico, annullando quel ritardo tecnologico,
che costituisce uno dei principali fattori scatenanti l’inefficienza
amministrativa. Il progetto, ambizioso per contenuti e finalità, se perseguito
con particolare caparbietà applicativa consentirà alla Pubblica Amministrazione
di effettuare quel salto di qualità necessario per migliorare le prestazioni,
ridurre i tempi di attesa e garantire un ampio accesso agli atti da parte di
Cittadini e Organizzazioni, attraverso la diffusione della capacità di utilizzo
delle tecnologie informatiche. In altre parole, il target sarà quello di disegnare un percorso attraverso il quale l’intero
Settore Pubblico possa gradualmente liberararsi da quella “palla al piede”, che, da più parti, è considerata la causa
principale che rallenta l’intero sistema produttivo, per diventare motore
trainante dello sviluppo economico nazionale. Occorre, in sintesi, recuperare
quel ritardo accumulato negli anni attraverso una riorganizzazione amministrativa
capace di comprimere gli oneri di funzionamento della macchina burocratica e liberare
energie per rafforzare, congiuntamente, competitività, crescita e occupazione. In
realtà, il piano si spinge oltre, facendo riferimento al superamento (e non al
solo recupero) del deficit temporale
accumulato, per sancire chiaramente che l’obiettivo non è quello di stare al
passo con i tempi, ma, addirittura, “giocare
in anticipo” rispetto alle aspettative latenti. Statisticamente, la Pubblica
Amministrazione incide sulla ricchezza prodotta dal Paese per circa il 20% con
la discriminante, rispetto alle altre realtà, che si tratta di un settore
protetto e non soggetto a regole concorrenziali. Infatti, è opinione condivisa
che il Settore Pubblico, non operando in regime di libera concorrenza, non
riceva dal mercato quegli stimoli che, in linea con la teoria del condizionamento classico, lo spinge ad agire attraverso
l’adozione di comportamenti finalizzati alla produzione di beni e/o erogazione
di servizi più efficienti, ottenuti attraverso un’oculata combinazione di
risorse e, in definitiva, riducendo gli sprechi. Ragionando per assurdo, si
potrebbe anche sostenere che l’assenza di concorrenza costituisce un falso
problema se giustamente collocato all’interno di una filosofia di pensiero, che
analizza la fattispecie da un’angolazione differente. E’ possibile affermare
che la Pubblica Amministrazione, sia essa locale o nazionale, pur operando in
monopolio sul territorio di competenza, si colloca oggettivamente in diretta
concorrenza con altre realtà simili (Comuni, Province, Regioni o Stati), perché
il successo di una specifica politica amministrativa può misurarsi attraverso un
tasso di soddisfazione dei bisogni dei Cittadini migliore rispetto a quello
degli altri operatori. Così inquadrato, il concetto di concorrenza entra ugualmente
in gioco, estendendo l’interpretazione del fenomeno ad una rilevazione della
competizione non più imperniata sui costi sostenuti per la produzione di
beni/servizi, ma sui risultati raggiunti nella loro erogazione. Operando in
questa direzione, sarà possibile confrontare i procedimenti attuati dalle
singole Amministrazioni Pubbliche, mettendo in evidenza “best practice”, ossia gli esempi migliori di gestione
amministrativa, che andranno a costituire il parametro di riferimento per la
misurazione delle performance. Il
fallimento dell’azione amministrativa, per contro, troverà quantificazione nel
ritardo con il quale si affrontano le esigenze dei Cittadini, che sono attuali
e chiedono risposte tempestive, in linea con il pensiero del Ministro Renato
BRUNETTA che, più volte, ha chiamato in causa la tecnologia per consentire di
collocare il Cittadino al centro dell’azione amministrativa. Questa è la sfida che
la Pubblica Amministrazione dovrà affrontare nei prossimi anni. Il ritardo
accumulato nel passato ha assunto dimensioni insopportabili e sarà necessario “inserire la quarta” o, in alternativa, “togliere il freno a mano”, per lanciare
la Pubblica Amministrazione in una corsa allo sviluppo tecnologico, capace di produrre
solo risultati positivi in termini di risparmio di risorse pubbliche. La fotografia
di oggi è una rappresentazione che evidenzia una Pubblica Amministrazione
ancorata ad investimenti informatici obsoleti, con ripercussioni negative sui
servizi offerti agli utenti del Settore Pubblico. Innovare, com’è scritto nel
piano ministeriale «non significa
procedere all’acquisto di macchinari, prevalentemente informatici, da mettere
al servizio delle cose che già si fanno per continuare a farle sempre nello
stesso modo», ma occorre agire sul coeffiente di produttività, affinché dal
suo miglioramento possa derivare una riduzione dei costi operativi. In
sostanza, il piano “e-government 2012” si propone di agire sulla combinazione tra
risorse umane e tecnologiche, rendendo indispensabile sviluppare percorsi
formativi utili per una sua corretta implementazione nel sistema organizzativo.
Sarà necessario sviluppare all’interno dell’Ente competenze e conoscenze per
iniziare a costruire l’impalcatura di un’Amministrazione digitale, non essendo
più ammissibile l’esistenza di Uffici dotati di tecnologie arretrate dove l’utilizzo
degli applicativi informatici sono ignorati perché le Amministrazioni non hanno
destinato risorse agli investimenti in corsi di formazione. Il processo di
alfabetizzazione informatica è oggi sempre più necessario sia all’interno
dell’Ente, sia tra la popolazione, in modo che ogni Cittadino possa interagire
con gli Uffici direttamente da casa senza perdere tempo in coda allo sportello
e, contemporaneamente, evitando di far perdere tempo agli addetti per
operazioni che non richiedono più l’intervento umano diretto. Ad ogni Cittadino
che ne farà richiesta, sarà fornita una Posta Elettronica Certificata
(PEC) gratuita e senza spese, con la
quale sarà possibile entrare in contatto con gli uffici pubblici per fare
qualsiasi tipo di richiesta o di prenotazione, in tempi rapidissimi e senza
ritardi. Purtroppo, ancora oggi, ciò che colpisce l’attenzione è la presenza di
montagne di carta che riducono lo spazio e costringono gli operatori a lavorare
in ambienti ristretti e poco salutari, comportando, altresì, un dispendio di
tempo e di energie per l’archiviazione, la ricerca e la produzione di un
documento. Ciò che non si riesce ancora a comprendere è che la maggior parte
dei costi dei procedimenti attivati dalla Pubblica Amministrazione trova dimora
nella carta utilizzata e nel tempo dedicato per la sua materializzazione. Se la
parola d’ordine è, quindi, “dematerializzare”
gli atti per sviluppare un’Amministrazione digitale, occorre essere consapevoli
che esistono Dirigenti restii al cambiamento che, al contrario, impongono la
proliferazione di appunti, post-it e
altri strumenti solo per lasciare traccia di ciò che si fa, perché l’unica cosa
che la loro cultura conosce di digitale sono le impronte. Il beneficio che
deriva dalla dematerializzazione dei documenti è immenso e non si limita solo a
quello connesso alla riduzione dei costi della produzione amministrativa, ma
impatta anche sulla riduzione dei tempi dedicati all’archiviazione fisica degli
atti e alla loro ricerca. Ma se negli Uffici pubblici si vorrà continuare ad imporre
l’uso della lingua burocratese, allora non ci si dovrà meravigliare quando si
afferma orgogliosamente di avere la squadra migliore e poi, di fronte
all’interrogativo sulla necessità di inserire all’interno una “best practice”, ci si sente rispondere che
di veterinari la Pubblica Amministrazione non ne ha bisogno!
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Semplice n° 11/Novembre 2009 con il titolo «Nella Pubblica Amministrazione non servono "veterinari"»