Come più volte promesso
in passato, non c'era alcuna ragione per preoccuparsi. E così è
stato! In men che non si dica, il Parlamento in seduta comune ha
eletto, alla quarta votazione, il dodicesimo Presidente della
Repubblica. E' stata sufficiente la maggioranza assoluta, che ha,
comunque, sfiorato i due terzi di preferenze. Tutto ciò è avvenuto
sotto l'abile guida e la spinta del Primo Ministro, che, dapprima, ha
messo in riga tutti i suoi alleati (di partito e di governo) e, poi,
ha inculcato loro l'idea che il nominativo avanzato sarebbe stato il
solo in grado di garantire agli Italiani di raggiungere quella
serenità perduta da tempo. A giochi fatti, chi può dargli torto?
"La legge del più forte è sempre la migliore",
così recita un detto popolare. E finché i risultati rispettano, per
filo e per segno, le previsioni, nulla può essere sottoposto a
discussioni di lana caprina sul sesso degli angeli. Sulla bontà,
competenza e serietà del candidato suggerito, nessuna obiezione.
Inutili sono quei commenti che, in un batti e baleno, sono stati
vomitati sui social forum che, a pappagallo, hanno continuano
a ripetere che "Mattarella non è il mio Presidente, perché
non è stato eletto dal popolo". Se è per questo, non lo
erano neppure i precedenti, dal primo all'ultimo, perché la vigente
Carta Costituzionale demanda l'elezione del Capo dello Stato al
Parlamento in seduta comune e non ad una consultazione elettorale e,
men che meno, ai social forum. Si può avere fiducia o meno in
una persona, ma occorre anche saper accettare le risultanze delle
regole fissate dal gioco. E questo modus operandi, che piaccia
o no, è stato rispettato alla lettera. In un contesto
socio/economico come quello attuale, una figura forte al Colle
potrebbe essere quello che serve al Paese per evitare "strappi"
di sorta alle vigenti regole democratiche. Per queste ovvie ragioni,
l'aver portato un giudice della Consulta all'apice dello Stato
repubblicano non può essere altro che un evidente manifestazione di
garanzia. In primo luogo, come garante e sapiente interprete delle
norme che gli saranno sottoposte per la promulgazione dal Parlamento.
In secondo luogo, come attento vigilante sul rispetto di una legge
fondamentale che può essere migliorata, ma non stravolta a seconda
dei "pruriti di palazzo". La maggiore attenzione alle leggi
licenziate dall'Assemblea legislativa è, quindi, assicurato. Sarebbe
spiacevole, infatti, vedere la Corte Costituzionale dichiarare
incostituzionale una norma promulgata da chi, prima dell'attuale
carica, copriva un seggio in seno alla stessa. Sarà come sottoporre
una legge ad un doppio esame di costituzionalità. Per questo, oggi,
è forse il caso di dirlo agli Italiani, a voce alta e senza equivoci
di sorta: "State sereni!".
Author: Emanuele COSTA
Author: Emanuele COSTA
Published by: Il Nuovo Picchio n° o1/Gennaio 2015 con il titolo «Capo dello ... "stato sereno"»
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