Gli
effetti della crisi economica del 2007 possono considerarsi più
catastrofici di quelli generati dalla Grande Depressione del 1930? La
persistente crisi economica sembra avere radici storiche o, meglio,
più di un padre. Pertanto, è piuttosto difficile confrontare questi
due fenomeni perché sono simili solo nominalmente e mentre risultano
differenti sotto molteplici punti di vista. Nello specifico, lo
scenario del 1930 è stato profondamente diverso, in quanto la
dimensione della crisi ha coinvolto un ristretto numero di paesi
(specialmente Stati Uniti e paesi europei) e la recessione è
iniziata nel settore industriale. Forse, è per i motivi sopra
evidenziati che le persone oggi preferiscono parlare di "crisi
globale" e non semplicemente di "crisi economica". Nei
paesi occidentali, lo scenario degli Anni '30 era quello costruito
dopo la Prima Guerra Mondiale ed un periodo di espansione
relativamente breve, mentre oggi, nel mondo industrializzato, il
contesto fa seguito a sessant'anni di pace, durante il quale i paesi
sviluppati sono stati in grado di sfruttare diverse opportunità
provenienti da una graduale integrazione economica e,
contemporaneamente, si sono adoperati per costruire le fondamenta
della crisi attuale. Tuttavia, la questione sembra avere un solo
perdente: il mondo industrializzato, che, per decenni, è riuscito a
migliorare, più o meno, il benessere sociale. Oggi, i paesi
sviluppati sono ancora impegnati a trovare una via di uscita dalla
recessione, mentre quelli in via di sviluppo stanno gestendo una
crescita rapida. Quindi, ha ancora senso parlare di "crisi
globale"? Generalmente, le persone tendono a considerare un
fenomeno come negativo solo quando interessa i paesi occidentali. Gli
Stati Uniti e l'Europa sono pesantemente influenzati da una crescita
economica negativa, così che l'opinione pubblica parla di crisi
economica. Al contrario, Cina e India, che sono anche le due nazioni
più popolate, stanno performando alti tassi di crescita. In questi
due paesi, in sintesi, la "crisi globale" non esiste
oppure, nel peggiore dei casi, si tratta di una crescita più debole
rispetto al passato. Ma è chiaramente crescita e non crisi! I paesi
sviluppati hanno iniziato ad andare in crisi a partire dagli Anni
'90, quando è finita la Guerra Fredda, con il collasso dell'Unione
Sovietica e con l'avvio del processo di "occidentalizzazione"
dell'Europa dell'Est. Questo è stato il primo passo verso la
"europeizzazione" dell'economia, ossia una specie di
globalizzazione su scala europea. E' possibile affermare che la fine
della Guerra Fredda, creando nuove opportunità economiche, ha
determinato il processo di globalizzazione? Secondo David Charles
LEWIS e Karl MOORE («Globalization
and the Cold War: the Communist Dimension»,
2010), la globalizzazione
esisteva già prima della fine della Guerra Fredda ed aveva due
obiettivi. Il primo perseguito dai Paesi occidentali ed era
"orientato al mercato". Il secondo, realizzato dai Paesi
comunisti ed era "orientato alla collettivismo". Quindi, è
chiaro che dopo la fine della Guerra Fredda esisteva un solo modo di
interpretare questo fenomeno e la caduta del comunismo è stato solo
un mezzo per accelerare il processo di liberalizzazione, l'apertura
del commercio internazionale e, conseguentemente, dar vita alla
globalizzazione. Tuttavia, la grande spinta verso la globalizzazione,
forse, ha avuto luogo dieci anni prima, nel 1980, grazie alla
cosiddetta "reaganomics", la politica economica promossa
dal Presidente Ronald REAGAN, imperniata sullo sviluppo economico
trainato dall'offerta anziché dalla domanda aggregata come dettato
dalle teorie economiche di stampo Keynesiano.
Autore: Emanuele COSTAPubblicato su: Il Nuovo Picchio n° 01/Gennaio 2014 con il titolo «L'origine della globalizzazione»
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