Ogni
volta che un Cittadino è chiamato ad esprimere la personale
preferenza in una consultazione politica, un dilemma aleggia
misterioso intorno alla cabina elettorale. E' preferibile votare per
il candidato “X”
oppure orientare la propria scelta sul diretto concorrente? E' meglio
sostenere il rappresentante di una lista data per vincente oppure
contribuire a smentire i bookmaker
agevolando il successo dell'outsider?
E' auspicabile garantire il mantenimento dello status
quo
(che consentirà di perpetuare il lamento sullo stato dell'arte)
oppure favorire un cambiamento radicale, preparandosi ad affrontare e
sfruttare le opportunità derivanti? Tutti interrogativi legittimi,
che richiedono una profonda meditazione per evitare di commettere
l'errore per il quale pentirsi nello spazio di quell'istante che
segue la proclamazione del vincitore. Come comportarsi, quindi, per
evitare che ciò puntualmente si verifichi? In altre parole, quale
strategia adottare per individuare, prima di esprimere il voto, la
cosiddetta "scelta
ottimale"?
E' possibile elaborare una risposta sensata alle questioni poste in
premessa? Per rispondere ai diversi interrogativi occorre armarsi di
pazienza e seguire attentamente alcuni “consigli
per gli acquisti”,
che possono consentire di mettere sul piatto della bilancia le
diverse opzioni, ponderando, successivamente, con tutti gli strumenti
a disposizione, quale decisione ha un peso superiore alle altre.
Coloro che credono (beati loro!) di aver già operato la scelta
ottimale possono dedicarsi ad attività ludiche più interessanti
piuttosto che sprecare tempo prezioso dilettandosi in questa lettura,
che si propone l'obiettivo di mettere in discussione proprio ciò che
per loro corrisponde a indiscutibile verità. In
primis,
è necessario condividere il pensiero di base che, ogni volta che si
ha l'intenzione di esercitare il diritto/dovere di voto, lo scopo
principale dovrebbe essere quello di assicurarsi che, dallo spoglio
delle schede elettorali, esca il nome di una persona che sia capace
di sviluppare "politiche
pubbliche"
idonee ad incrementare il benessere collettivo. In
secundis,
è opportuno fissare un altro paletto, entro il quale circoscrivere
l'attuale riflessione. Per farlo si rende necessario mettere il
lettore nelle condizioni di facilitare la comprensione di un
fenomeno, fornendogli alcune precisazioni o meglio, come si usa dire
in ambito scientifico, alcuni concetti validi “per
definizione”.
William N. DUNN definisce la "politica
pubblica"
come «la
risposta ad un problema percepito come pubblico»
("Public
Policy Analysis",
1981). Detto questo, è sufficiente guardarsi in giro per verificare
autonomamente quanti problemi sono ancora in attesa di una soluzione.
Questa evidenza è la dimostrazione di come le politiche pubbliche
adottate fino a questo momento non possano qualificarsi come tali,
lasciando presagire che le finalità delle decisioni prese in passato
avevano altri scopi, che, ovviamente, non hanno influito sul
miglioramento del benessere collettivo. La questione si sposta allora
sul versante della percezione. I decisori pubblici che si apprestano
a governare un Paese se hanno difficoltà a percepire un problema
come pubblico, figuriamoci quella cui andranno incontro per
individuarlo! La questione può essere superata, limitandosi a
leggere i vari "Programmi
di Mandato"
per scoprire, con assoluta meraviglia o riconosciuta complicità, che
di problemi pubblici da risolvere non vi è minimamente traccia.
Spesso questi documenti si riducono a sterili elenchi di iniziative
(magari anche lodevoli) le cui realizzazioni il più delle volte
consistono nel togliersi qualche sfizio personale, senza contribuire
ad incrementare il benessere della collettività. Allora, se il
"Programma
di Mandato"
non si prefigge lo scopo di illustrare al Cittadino la strategia
politica, rendendolo edotto dei bisogni pubblici che saranno
soddisfatti, quale misteriosa finalità si propone di realizzare
questo manifesto? La risposta è ovvia: dipende dagli interessi
dell'individuo che si presenta come candidato, ovviamente nella
versione tanto cara a Francesco GUICCIARDINI ("Ricordi
politici morali",
1512). Infatti, se ad un aspirante leader
è associabile un potenziale conflitto di interesse tra l'attività
personale svolta e l'oggetto di una qualunque politica pubblica
deliberabile, ecco che quella candidatura si presenta già viziata
all'origine e, quindi, non può certamente configurarsi come la
"scelta
ottimale"
da operare all'interno della cabina elettorale. E' sufficiente
prendere atto di un celebre passo di Vilfredo PARETO per rendersi
immediatamente conto delle potenziali conseguenze cui si rischia di
andare incontro: «Se
un provvedimento A sarà cagione della perdita di una lira ciascuno
per mille uomini, e del guadagno di mille lire per un uomo solo,
quest'uomo opererà con grande energia, quei mille uomini si
difenderanno fiaccamente, onde è molto probabile che, infine,
vincerà quell'uomo che, col provvedimento A, mira ad appropriarsi di
mille lire»
("Manuale
di Economia Politica",
1906). Su circostanze similari era intervenuto anche il Premio Nobel
per l'economia Amartya SEN, mettendo in guardia come «nel
mondo in cui viviamo, l'uso dell'influenza politica per conseguire un
guadagno economico è un fenomeno quanto mai reale»
("Development
as Freedom",
1999). Ed è proprio su questi temi di profonda attualità che oggi
si gioca la battaglia per la conquista del potere, senza esclusione
di colpi. Per queste ragioni (non sempre ovvie come in realtà lo
sono) è sempre più necessario impegnarsi per cercare di elaborare
una risposta ad una questione da tempo oggetto di vivace dibattito:
"E'
possibile cambiare il passato?".
(continua)
References:
References:
-
William N. DUNN, "Public
Policy Analysis",
Prentice Hall, 1981;
-
Francesco GUICCIARDINI, "Ricordi
politici morali",
1512;
-
Vilfredo PARETO, "Manuale
di Economia Politica",
1906;
-
Amartya SEN, "Development
as Freedom",
Oxford University Press, 1999.Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: www.tigulliana.org (nella Rubrica "Diritto di Parola") del 03 maggio 2014 con il titolo «Elezioni: un altro mercato dei "limoni"? (prima parte)»
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