Analizziamo due delle
differenti tipologie di intervento della Banca Centrale Europea sul
mercato delle attività finanziarie: da una parte, l'acquisto di
titoli del debito sovrano di quei paesi membri colpiti dagli effetti
speculativi indotti da sensibili oscillazioni dello spread; dall'altro,
l'erogazione di ingenti prestiti a quegli Istituti bancari comunitari
investiti più o meno pesantemente
da una crisi di liquidità. In entrambe le circostanze, è
inutile nasconderlo, l'Istituto Centrale Europeo
ha azionato energicamente l'unico strumento a disposizione:
la politica monetaria. Un’overdose di flussi monetari sono stati
iniettati sui mercati facendo temere, agli occhi di molti
osservatori, un potenziale risveglio del fantasma inflazionistico,
che ha sempre aleggiato pericolosamente intorno a qualsiasi decisione
comunitaria. Uno spettro che, per il popolo tedesco in
particolare, richiama alla memoria gli effetti devastanti
della Repubblica di Weimar e le tragiche conseguenze che ne sono poi
derivate. L'obiettivo della BCE, al contrario, è stato considerato
foriero di prospettive ambiziose, perché
allentando la morsa ad una politica
monetaria stringente, nel tempo si potrebbe realizzare un duplice
target: da una parte, minori tensioni sul mercato dei titoli di stato
e, dall'altro, maggiori investimenti produttivi da parte delle
imprese, rilanciando così quella crescita economica, che se portata
avanti a ritmi sostenuti, consentirebbe alla dimensione del
debito pubblico di rientrare nei parametri
di sostenibilità. Qualcosa, però, sembra non funzionare perché i
risultati sperati tardano a manifestarsi, facendo
crescere, malignamente, l'ipotesi che la politica adottata dalla BCE
in realtà non abbia voluto gettare un salvagente al sistema
economico, ma dare un definitivo colpo di grazia. Si tratta di
illazioni gratuite o di supposizioni che celano un fondo di verità? A
ben guardare, l'acquisto dei titoli di stato è stato positivamente accompagnato
da una simmetrica sterilizzazione della liquidità immessa, con un
risultato nullo in termini di maggiori risorse a disposizione del
sistema economico. Dall'altro, il finanziamento erogato alle banche,
anziché essere dirottato con la loro intermediazione al sistema imprese
per rilanciare l'economia, è tornato al mittente. Le banche sembrano
aver perso la bussola della missione che caratterizza la loro
attività: non sono più finanziatori del sistema produttivo - con
ritorni elevati a fronte di una elevata rischiosità - ma
depositanti di moneta nei forzieri dell'Istituto di emissione
scarsamente remunerata, ma a rischio zero. Se il risultato è questo,
le aspettative sono state drogate in partenza. Cosa accadrà quando i
correntisti cesseranno di affidare i loro risparmi, sempre minori, al
sistema creditizio?
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Il Nuovo Picchio n° 6/Giugno
2012 con il titolo «Politica monetaria espansiva: overdose di
aspettative?»
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