Un altro anno si è appena
concluso. E come ogni fine anno che si rispetti, è tempo di fare
qualche bilancio. In altre parole, occorre tirare le somme, per gli
amanti delle statistiche, e tirare a campare, per un numero di
famiglie sempre maggiore. Infatti, le prime informazioni che emergono
non mettono in evidenza nulla di cui vantarsi, se non quello che
possa essere compreso come una forma di percezione di miglioramento
della situazione economica. Paradossalmente, però, una prima sintesi
di ciò che il periodo appena trascorso ha riservato è quella
relativa al volume di affari del gioco d’azzardo. Numeri e indici
sui cui riflettere con la massima attenzione, altrimenti si rischia
di interpretarli in maniera distorta, sull’esempio del famoso
“pollo di Trilussa”. In altre circostanze, al contrario,
lo studio e l’analisi dei dati lascia un senso di amarezza in
quanto illustra caratteristiche e peculiarità di una società che
sembra aver perso il reale significato dei propri bisogni essenziali.
Di fronte ad una situazione in cui le risorse, per definizione, sono
sempre più scarse, la disoccupazione (con particolare riferimento a
quella giovanile) dilaga a dismisura ed il tasso di povertà della
popolazione è in crescita, non è certo una notizia confortante
leggere che il “fatturato” del gioco d’azzardo ha raggiunto un
volume di affari quasi uguale a quello speso dalle famiglie per
acquistare prodotti alimentari. Una notizia preoccupante e triste al
tempo stesso, che manifesta, con tutta la sua potenza, la
disperazione dei cittadini o buona parte di essi, che ripongono le
loro speranze sulla buona sorte, piuttosto che su alternative
concrete. Ma se la fotografia del periodo appena concluso è questa,
come si può continuare a credere che il sistema economico sia ancora
investito dalla congiuntura sfavorevole? Come si può sostenere che i
salari non consentono alle famiglie di arrivare a fine mese quando
buona parte di esse sperpera il reddito nella speranza (assai rara)
di essere baciati dalla Dea bendata? Se un nucleo familiare affida il
miglioramento del proprio benessere ad un colpo di fortuna ciò è
sintomo di qualcosa di veramente preoccupante, di una mancanza di
fiducia in un futuro migliore del presente. Ciò che, però, lascia
perplessi sono le politiche adottate o meno nella prospettiva di
contrastare o limitare questo senso di malessere diffuso. Occorre
prendere coscienza che, se non si interviene con riforme radicali per
risolvere i problemi sarà, per dirla con le parole degli economisti
Nouriel ROUBINI e Stephen MIMH, «come riordinare le sdraio sul
ponte del Titanic» (“Crisis Economics. A
Crash Course in the Future of Finance”,
The Penguin Press,
2010).
Author: Emanuele COSTA
Published by: Il Nuovo Picchio n° 01/Gennaio 2017 con il titolo «Tirare le somme o tirare a campare? Meglio tirare i dadi!».
Author: Emanuele COSTA
Published by: Il Nuovo Picchio n° 01/Gennaio 2017 con il titolo «Tirare le somme o tirare a campare? Meglio tirare i dadi!».
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