Dal mese di luglio l'Italia ha assunto la
Presidenza del Consiglio dell'Unione Europea. Lo ha fatto in maniera
dirompente, al di fuori dei soliti schemi burocratico/formali che hanno sempre
caratterizzato la classe politica del Bel Paese. L'obiettivo è più che
ambizioso: uscire da quella noia in cui, nell'ultimo decennio e grazie alle sue
direttive, è sprofondato il senso di appartenenza all'Unione Europea,
contribuendo a far germogliare sentimenti antieuropeisti. D'altronde, se in
tutti questi anni non si sono registrati miglioramenti nel benessere sociale
dei Cittadini (complice anche la crisi economico/finanziaria) significa, senza
mezzi termini, che qualcosa, se non tutto, è sicuramente da rivedere,
riformulare o radicalmente modificare. L'ordine è uno solo: occorre adottare
politiche idonee a stimolare la crescita economica, per non rimanere
invischiati nel vortice della recessione. Non è, però, sufficiente provvedervi
per decreto. Occorre agire sui comportamenti organizzativi degli operatori
economici affinché possano esserne facilitati nell'assunzione delle decisioni
di investimento e non abbandonati al loro destino. La perdita di fiducia del
settore produttivo potrebbe inficiare i buoni propositi dei provvedimenti in
suo favore. Crescita, tuttavia, non è sinonimo di indebitamento. In altre
parole, la ripresa economica non può essere sponsorizzata dal debito pubblico.
Su questo argomento, gli ortodossi del rigore finanziario sono inamovibili. E'
pur vero che, ai tassi di interesse attuali (prossimi allo zero) può essere
conveniente ricorrere ai debiti, ma corrisponde ad altrettanta verità che alla
ripresa economica generalmente fa seguito una crescita del costo del denaro,
con il rischio certo di ritrovarsi con uno stock di debito più elevato,
sul quale graverà complessivamente un onere finanziario superiore. Eppure,
un'altra strada si può aprire all'orizzonte per finanziare la crescita. Il
fronte di azione è sempre lo stesso: il debito pubblico. Anziché aumentarlo, la
ripresa economica può essere trainata dalla rimessa in circolo di risorse
derivanti dal progressivo rimborso dello stock di debito sovrano
affinché possano trovare un impiego alternativo nel settore privato che è
sicuramente più produttivo di quello pubblico. Questo, però, imporrebbe una
linea di condotta che rimetta in discussione tutto l'impianto organizzativo del
Settore statale, in modo da trasformarlo nel motore propulsivo dello sviluppo
economico, liberandosi da quella zavorra che per decenni ha rappresentato la
"palla al piede" ad ogni libera iniziativa volta a migliorare
la produttività del sistema economico nazionale. In alternativa, ci si potrebbe
ritrovare tra sei mesi a discutere delle stesse cose, ma in un contesto ancor
più depresso di quello odierno, dove sarà necessario adottare misure drastiche
per riportare lo stato dei fatti al livello attuale, non ad uno migliore.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Il Nuovo Picchio n° 09-10/Settembre-Ottobre 2014 con il titolo «Quale strategia per stimolare la crescita?»
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Il Nuovo Picchio n° 09-10/Settembre-Ottobre 2014 con il titolo «Quale strategia per stimolare la crescita?»
No comments:
Post a Comment