La
stagione estiva, ormai, non è più alle porte. E' esattamente alla
porta! E' stata accompagnata precocemente all'uscita da un meteo
ingeneroso, che ha concesso solo qualche sporadica tregua
infrasettimanale per sfoggiare il suo lato peggiore nei fine
settimana.
Di fronte ad una situazione fuori da ogni immaginabile previsione
climatica, le discussioni su quali provvedimenti adottare per
stimolare la domanda, cercando di limitare le perdite indotte dal
maltempo, si sono sprecate. E' opinione diffusa, però, che gli
operatori economici non hanno né agito di conseguenza, né reagito
di motu
proprio.
L'unico
segnale di vita è stato il perpetuo "mugugno"
nei confronti delle Amministrazioni locali competenti per territorio,
ignorando il fatto che la Pubblica Amministrazione non può e non
deve configurarsi come il salvagente di soggetti privati. Il suo
ruolo, eventualmente, può essere quello di sviluppare politiche
pubbliche in grado di facilitare il funzionamento del mercato.
L'epoca della privatizzazione dei profitti e della socializzazione
delle perdite è finita da un pezzo! In qualunque settore produttivo,
gli operatori non devono mettere in campo le loro abilità facendosi
guidare esclusivamente dalla logica del profitto. Il prezzo di
vendita è sicuramente una componente della qualità del
prodotto/servizio offerto, ma non rappresenta né l'unico, né il
principale driver.
In molte circostanze gioca un ruolo marginale, se non addirittura
ininfluente. In un periodo di crisi economica, acuito anche dalla
componente meteo, sono altri i fattori che incidono sulla qualità.
Nessuno di questi, peraltro, ha natura economica, essendo
strettamente collegati alle abilità imprenditoriali di attirare ed
invogliare i clienti ad acquistare i propri beni/servizi anziché
quelli dei concorrenti operanti altrove. E' per queste ragioni che
una
delle critiche che maggiormente viene attribuita agli operatori
economici è che la loro mentalità spesso si limita a guardare solo
allo standard
di qualità per fissare il prezzo di vendita. Una visione così
ristretta dimentica che il concetto di qualità non deve fare
riferimento a quella offerta, ma a quella che è percepita dal
cliente. In altre parole, spesso si è convinti di essere i migliori
produttori sulla piazza, mentre per i clienti il servizio offerto è
semplicemente scadente. Per questo è abbastanza banale dimostrare
che appellarsi alla qualità è soltanto un subdolo tentativo di
giustificare un livello dei prezzi elevato. Un ulteriore elemento che
gioca a sfavore di quegli operatori che con forza difendono la
qualità dei prodotti/servizi offerti, per mantenere elevati i prezzi
di vendita, è quello di credere (erroneamente) di alzare una
barriera all'entrata di nuovi concorrenti,
in modo da poter ancora sfruttare
quella fetta di mercato ormai ridotta in briciole. Se ciò fosse
vero, si dovrebbe assistere ad un duplice fenomeno: da un lato, la
chiusura di attività produttive che non riescono a mantenere quegli
standard
qualitativi; dall'altro, la completa assenza di apertura di nuovi
esercizi commerciali. Nel primo caso, la chiusura dei negozi è da
imputare ai prezzi di vendita praticati che non incontrano la domanda
dei potenziali clienti, facendo collassare il fatturato al di sotto
del cosiddetto break-even
point,
piuttosto che all'impossibilità di garantire uno standard
di qualità.
Nel secondo caso, per contro, si assiste all'avviamento di nuove
realtà imprenditoriali grazie all'intraprendenza di operatori
asiatici che non essendo guidati da logiche imperniate esclusivamente
sul profitto, sanno coniugare prezzi accessibili con una qualità dei
prodotti/servizi che non ha nulla da invidiare rispetto a quella
offerta dagli esercenti nostrani, con la differenza che i primi
lavorano e vendono di più (sottraendo quote di mercato ai diretti
concorrenti) perché quella maggiore disponibilità combacia con le
esigenze della clientela. A titolo di esempio, la qualità del cibo
non dipende dal mercato di rifornimento, ma dal modo in cui è
presentato, cucinato, messo in tavola e accompagnato. In altre
parole, non serve autoreferenziarsi come "i
migliori sulla piazza"
se poi è sufficiente girare l'angolo per trovare altri operatori
che, a prezzi inferiori, hanno la capacità di offrire una qualità
di pari o superiore livello. In parole semplici, la qualità media
dell'offerta non dipende dal tenore di vita dei clienti
sopravvissuti! Se così fosse, dovrebbe rappresentare un "warning"
e non un elemento distintivo di cui andare fieri. Per queste ragioni,
non è tollerabile,
in località a vocazione turistica e soprattutto dopo una stagione
deludente, assistere alla cacciata di turisti la cui unica colpa è
stata quella di varcare l'entrata del ristorante alcuni minuti dopo
le dieci di sera, così come non è piacevole osservare il personale
di sala mentre abbandona il posto di lavoro pochi istanti dopo oppure
offrire un servizio lento perché il personale (nel periodo di alta
stagione) è stato mandato in ferie! Se la realtà è questa, la
domanda è una sola: non c'è lavoro o non si vuole lavorare? Di
fronte a questo modus
operandi non ci potrà
mai essere un'Amministrazione Locale in grado di risolvere il
problema legato alla crisi economica. Con questi comportamenti
organizzativi la chiusura di un'attività è assicurata, sia per
effetto di una scarsa accoglienza, sia per quel boomerang
promozionale che nel passaparola trova il canale di comunicazione più
efficace ed efficiente. Non può esistere un "prodotto
di qualità" se
la qualità offerta è di questo tenore. Non serve affidarsi a
consulenti per uscire da questo status,
drenerebbero altre risorse per non risolvere nulla. Ciò che è utile
alla causa è quello spirito di iniziativa e capacità
imprenditoriale non indirizzata a realizzare il più alto margine di
profitto, ma improntata all'accoglienza, al sorriso, alla
disponibilità verso il cliente. La promozione seguirà a ruota ed il
tutto non avrà alcun costo! In un mercato sempre più in crisi, sono
i clienti, non i venditori, a decidere quale prodotto/servizio sia di
qualità e soddisfi meglio le loro esigenze. Occorre prendere
coscienza che se è vero che "nessun
pasto è gratis",
oggi più di ieri è inutile voler continuare ad essere ingordi.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: www.tigulliana.org (nella Rubrica "Diritto di Parola") del 23 agosto 2014 con il titolo «Crisi: subita o cercata?»
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