E'
ormai trascorso quasi un mese dalla recente competizione elettorale.
Come era chiaramente nelle previsioni, il risultato a cui oggi si può
guardare è costituito da un insieme vuoto, ma paradossalmente pieno
di parole senza alcun significato logico. Discorsi infiniti sul sesso
degli angeli per arrivare a conclusioni che poggiano su fondamenta
fragili, incapaci di reggere il peso dell'enorme responsabilità che,
in un contesto socio/economico come quello attuale, si prospetta
all'orizzonte. Eppure, nonostante queste evidenti difficoltà, c'è
chi ostenta sicurezza e azzarda l'ipotesi di essere pronto a
governare. Con quale
maggioranza? Nessuna,
perché quella starà comodamente seduta all'opposizione. In altre
parole, si cercherà di mettere insieme un Esecutivo, che si assumerà
la responsabilità su decisioni che, per contro, saranno votate da
una compagine diversa. Con
quale programma? Un
lista della spesa. Ossia, un elenco di questioni rimaste in sospeso,
espresse in forma del tutto generica, senza precisare nel dettaglio
modalità e tempi con le quali saranno affrontate e risolte. Con
quali risultati?
Senza ombra di dubbio, disastrosi! La situazione di impasse
che si è creata subito dopo il voto ha contribuito ad elevare la
sensazione di nausea verso questa cattiva abitudine di fare politica.
Fiumi di parole che, come un torrente in piena, hanno inondato le
case degli Italiani, lasciandoli con l'acqua alla gola. Non è più
accettabile ascoltare cariatidi della politica proporre "governi
di cambiamento".
Per poterlo fare, senza alcuna retorica, occorre che a cambiare
siano, prima di tutto, le persone, altrimenti si tratta di proporre
una minestra non più riscaldata, ma completamente andata a male.
L'Italia ha bisogno di energie nuove, di soggetti capaci di reggere
il passo del cambiamento continuo, di individui in grado di agire e
non reagire agli stimoli provenienti dallo scenario globale. Non
servono più politici che fanno fatica a respirare ogni volta che c'è
da accelerare i tempi per l'approvazione di un provvedimento in
Parlamento o che vanno in paranoia ogni volta che si sposta la
punteggiatura in un discorso. Se non si hanno le capacità di
accettare sfide (anche culturalmente distanti dal proprio credo) è
altrettanto inutile proporre di ritornare a votare. Sarebbe come fare
una partita alla roulette
russa con un'arma che può contenere solo due proiettili e provare a
spararsi di nuovo dopo che il primo colpo ha fatto cilecca. Il
risultato sarebbe uno solo: la morte
certa. Occorre
scatenare una tempesta neuronale tale da mettere in moto una reazione
a catena da far esplodere nuove
idee, progetti
innovativi, filosofie
alternative di intendere la politica.
E' sempre più sentita l'esigenza di una politica vicina ai problemi
reali e non ipotetici dei Cittadini, che sappia ascoltare e smettere
di parlare, orientata agli interessi collettivi e non personali,
indirizzata ai più deboli e non alle lobby.
Se si ha difficoltà a prendere contatto con l'intorno circostante,
scendendo definitivamente dal piedistallo dell'onnipotenza, allora è
necessario ascoltare il richiamo della foresta e abbandonare la
scena, lasciando che altri soggetti prendano in mano le redini del
Paese. Persone motivate a cambiare lo status
quo, in possesso di
idee e non di autorità, abili a muoversi tra le difficoltà
provenienti dal mondo esterno, con una visione diversa del futuro,
che possano consentire al Paese di fare un salto di qualità. Non
serve molto: occorre l'elasticità,
la snellezza
e l'agilità
di un grillo!
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: www.tigulliana.org (nella Rubrica "Diritto di Parola") del 23 marzo 2013 con il titolo «Una nuova visione della politica»