L'estate che si avvicina
si preannuncia calda. Al di là di ogni più rosea previsione
meteorologica, i mercati sembrano prepararsi a dover sopportare
temperature roventi. Ciò che, tuttavia, non è ancora
sufficientemente chiaro è se le aspettative di una ripresa
dell'economia a regime siano solo un fuoco di paglia oppure
consistano in solide basi di un miglioramento destinato a manifestare
la sua tendenza nel tempo. La progressiva iniezione di liquidità,
attraverso la politica monetaria espansiva portata avanti dalla Banca
Centrale Europea con il quantitative easing, è vista con
favore da molti, pur con qualche incognita dettata dalla prudenza. In
effetti, gli interrogativi dei detrattori potrebbero presto trovare
terreno fertile in qualche risposta. Il paradosso, infatti, è già
alle porte. Per anni, ed in Italia questo è un dato di fatto, la
gestione dell'inflazione è stata considerata la madre di tutti i
mali del sistema economico. Essere riusciti, con enormi sacrifici, ad
azzerare il valore di questa variabile si è rivelato un processo
molto lungo e difficile. Ora, come d'incanto, i prezzi sembrano dare
un segnale di risveglio. L'elemento che più di tutti preoccupa è
rappresentato dall'intensità che avrà questa uscita dal letargo.
Una spinta inflazionistica che, se confermata, dovrebbe impiegare
pochi mesi a riportarsi su valori ritenuti accettabili dall'autorità
monetaria europea e dai quali, al contrario, aveva impiegato anni a
scendere verso lo zero. I mercati, dal canto loro, non sono mancati
all'appello. Hanno reagito alla notizia tempestivamente, in maniera
nervosa, e, soprattutto, negativamente. Se la ripresa è
effettivamente iniziata, a breve anche i tassi di interesse
inizieranno a reagire nella medesima direzione, con buona pace di
coloro che ne predicavano i positivi effetti. L'incremento dei tassi
di interesse impatterà negativamente sui corsi azionari, sulle
quotazione dei titoli del debito pubblico e, ultimo ma non meno
importante, sui conti dello Stato. L'aumento dell'inflazione, per
contro, si riverbererà sulle pressioni sindacali, che presto faranno
sentire la loro voce, sfociando in accese rivendicazioni salariali e
facendo temere un autunno incandescente dopo l'estate calda dei
mercati. La crescita della spesa pubblica, per l'effetto congiunto di
un andamento analogo dei prezzi e dei tassi di interesse, potrebbe
richiedere al Governo di mettere mano agli equilibri di bilancio
attraverso la leva fiscale. Alla fine, ciò che si rischia è di
deprimere ancora di più la produttività dei lavoratori che vedranno
i salari ridursi, grazie all'ipotetico intervento fiscale, ed
erodersi, per effetto dell'inflazione, rimangiandosi il bonus
fiscale degli ottanta euro. Tutto ciò, però, avverrà "brindando"
alla tanto sospirata ripresa economica. Chi ne beneficerà non è
ancora chiaro, perché i lavoratori (siano essi occupati da tempo o
neo assunti) potranno dover accettare di convivere con un salario
nominalmente inferiore. In altre parole, il detto "guadagnare
meno, lavorare tutti" non sarà più un tabù!
Author: Emanuele COSTA
Published by: Il Nuovo Picchio n° o5/Maggio 2015 con il titolo «Verso la crescita negativa»