21 December 2016

Globalizzazione e Offshoring: quali sono i potenziali effetti su occupazione e salari? (ultima parte)

Premessa
Durante la mia permanenza in Inghilterra, presso la prestigiosa University of Essex, ho avuto l’opportunità di realizzare alcuni lavori di approfondimento su tematiche di economia internazionale di forte attualità. Nello specifico, si tratta di argomenti che, ogni anno, emergono con prepotenza quasi a voler ricordare che nulla è stato fatto per risolvere le questioni o, in alternativa, che non si è ancora trovata alcuna soluzione a problematiche che interessano da vicino, direttamente o indirettamente, sia i Paesi in via di sviluppo, sia quelli sviluppati. Uno dei temi sui quali ho voluto concentrare l’attenzione è quello della cosiddetta “globalizzazione”, vista, da alcuni, come la causa di tutti i mali dell’economia e, da altri, come la principale imputata nel processo contro la persistente crisi economica. Ovviamente, è necessario sempre tenere a mente che ciò che sembra, non sempre coincide con la realtà. Da qui la crescente curiosità di indagare a fondo eventuali relazioni tra globalizzazione e politiche di offshoring per verificare, sotto il profilo teorico, gli effetti su occupazione e salari. Quando si affrontano tematiche di questo tenore, la speranza è quella di dar vita ad un acceso dibattito. Pertanto, eventuali opinioni in disaccordo non potranno altro che dimostrare di aver centrato l’obiettivo.

Abstract
La teoria del commercio internazionale suggerisce che quando un Paese trasferisce parte della sua produzione all’estero, l’impatto sui lavoratori in quel Paese, nel lungo periodo, può essere positivo o negativo. Questo studio analizza, teoricamente, le conseguenze occupazionali e salariali nei paesi sviluppati indotti dalle politiche di delocalizzazione adottate negli ultimi trent’anni. Il principale obiettivo è quello di verificare se il processo di globalizzazione possa considerarsi la principale causa della disoccupazione o, in alternativa, se abbia giocato un ruolo chiave nella crisi economica che persiste nei paesi occidentali.

Sommario
1. Introduzione - 2. Parola d’ordine: globalizzazione - 3. Offshoring: esportare occupazione per ridurre i salari interni? - 4. Conclusioni.

(segue)

4. Conclusioni
Nei paesi industrializzati, la globalizzazione è comunemente ritenuta la causa principale dell’attuale crisi economica. Si tratta di un processo, iniziato circa trent’anni fa, che ha coinvolto prima i paesi dell’Europa orientale e poi le economie meno sviluppate. In breve, il mondo intero. Questo fenomeno, però, ha generato nuove opportunità di business, grazie anche al contributo fornito dalle politiche di offshoring. Tuttavia, si può affermare, come sostiene l’economista Alan Stuart BLINDER (“Offshoring: The Next Industrial Revolution?”, Foreign Affairs, Vol. 85, n° 2, March/April 2006), che la delocalizzazione costituisce il punto di partenza per una nuova rivoluzione industriale? La crisi economica del 2007 è una recessione iniziata dal settore dei servizi (in particolare, da quello finanziario), mentre la crisi del 1930 (Grande Depressione) era stata originata dal settore industriale. Quindi, le imprese industriali e di servizi hanno cominciato a spostare parte della loro produzione all’estero e, nello specifico, verso i paesi in via di sviluppo dove il costo del lavoro era, ed è ancora, più conveniente. I miglioramenti registrati nel settore tecnologico e dei trasporti hanno contribuito a ridurre sensibilmente i costi di natura commerciale. Conseguentemente, la produzione si è sempre più trasferita nei paesi meno sviluppati. L’effetto immediato è stato l’aumento della disoccupazione, con particolare riferimento alle lavorazioni ad alta intensità di manodopera, sfruttando la forza lavoro, abbondante ed economica, dei paesi poveri. Lo studio qui condotto, dopo aver preso in considerazione le conseguenze della globalizzazione, con particolare riferimento all’offshoring, si è concentrato sugli effetti di breve e lungo periodo nella prospettiva di analizzare l’effetto netto prodotto dal processo di aggiustamento, che permette di stemperare l’impatto negativo grazie all’assorbimento di quei lavoratori espulsi dai settori produttivi in recessione. La ricerca ha anche messo in evidenza come la produttività giochi un ruolo importante sull’occupazione e, a cascata, sui salari. In ogni caso, non esistono prove significative a sostegno della tesi che la delocalizzazione della produzione generi un incremento delle retribuzioni. Una variazione del salario può anche essere analizzata con riferimento a quello nominale, reale e relativo. Infatti, mentre la retribuzione nominale può migliorare a causa di una maggiore produttività, quella reale può ridursi per effetto dell’inflazione. In aggiunta, se il salario reale si riduce, quello relativo rispetto ai paesi in via di sviluppo aumenta. Secondo Ann HARRISON e Margaret McMILLAN (“Offshoring Jobs? Multinationals and U.S. Manufacturing Employment”, The Review of Economics and Statistics, Vol. 93,  n° 3, 2011) l’offshoring guida verso una riduzione dei salari a causa dell’aumento occupazionale nei paesi poveri. Infine, questo lavoro ha anche esaminato qualche variabile economica omessa, come l’istruzione, l’immigrazione ed i profitti, che possono condizionare significativamente le analisi empiriche sugli effetti finali della delocalizzazione. Riassumendo, si può sostenere che l’offshoring sembra portare ad un sostanziale cambiamento nei processi produttivi, fonte di effetti positivi e negativi sull’occupazione e salari all’interno dei paesi sviluppati. Tuttavia, non si può affermare con certezza che la delocalizzazione ha solo effetti positivi (o negativi) sui salari. E’ possibile che, nel lungo periodo, l’impatto sia molto più significativo grazie ad un nuovo equilibrio nel mercato del lavoro. Se i paesi industrializzati si specializzano solo nelle produzioni che richiedono manodopera qualificata, allora ciò potrebbe portare ad un effetto finale diverso, ma non esistono prove concrete che l’unico impatto consisterà in un salario più alto. Le variabili omesse considerate nello studio (istruzione, immigrazione e profitti) possono essere utili per valutare se le ipotesi teoriche sono supportate anche dall’analisi empirica, fornendo al governo importanti e utili informazioni per bilanciare effetti positivi o negativi attraverso appropriate politiche fiscali/sociali.

AuthorEmanuele COSTA
Published byBacherontius n° 04/Dicembre 2016 con il titolo «Globalizzazione e Offshoring: quali potenziali effetti su occupazione e salari? (ultima parte)»