25 February 2014

Public Budgetary Control

Ogni volta che si vuole presentare agli operatori del settore un approfondimento su temi di governo della Pubblica Amministrazione, occorre sempre ponderare attentamente il contesto sul quale le riflessioni andranno ad impattare. Se poi le argomentazioni contengono aspetti innovativi, allora, come d’incanto, si innalzano da ogni parte barriere culturali/mentali, il cui potenziale esplosivo è più devastante di qualsiasi minaccia si possa trovare lungo un percorso all’interno di un campo minato. Non sono chiare le ragioni di fondo che innescano simili comportamenti ostili, in quanto l’innovazione si propone la finalità di migliorare i processi gestionali e non quella di eliminare centri di potere radicati nell’Organizzazione. Il target, infatti, è quello di operare un’analisi critica preventiva dei procedimenti burocratico/amministrativi, per accompagnarli progressivamente nell’alveo di applicazione di tecniche lean thinkingSi potranno eliminare quei colli di bottiglia che impediscono alla Pubblica Amministrazione di considerare, almeno per una volta, efficacia, efficienza ed economicità come “esperienze vissute” e non sempre come “obiettivi” da realizzare. E’ opportuno precisare che, quando si affrontano certe tematiche, solitamente si verifica una situazione in cui si è circondati da schiere di alleati, che all’inizio incoraggiano il processo di innovazione, per poi scoprire, in sede operativa, che si sta indossando l’abito del cavaliere solitario. Non è un caso se Niccolò MACHIAVELLI suggerì a Lorenzo DE MEDICI che «si dovrebbe ricordare che non c’è niente di più difficile da programmare, di più dubbio successo e più pericoloso da compiere che dare avvio ai cambiamenti nella costituzione di uno Stato. L’innovatore si rende nemico di tutti coloro che prosperavano sotto il vecchio ordine e solo un tiepido sostegno proviene da coloro che prospererebbero sotto quello nuovo». L’ostilità manifestata da parte di coloro che Niccolò MACHIAVELLI include tra quelli “che prosperavano sotto il vecchio ordine” nasce dal fatto che essi temono una perdita di potere e un calo di prestigio nell’Organizzazione, preferendo restare attaccati a vecchi schemi di gestione, ma più familiari. Se manca il coraggio di mettere in discussione un processo, ed il contesto di riferimento è quello sopra illustrato, allora la meditazione che occorre stimolare trae origine dalla preistoria e non dagli eventi meno recenti. Infatti, quando l’innovazione è pretesa da forze esterne all’Ente si potrà garantirne la sopravvivenza solo ricercando nuovi adattamenti, altrimenti la resistenza porterà inevitabilmente ad un proliferare di cambiamenti generatori di risultati sempre più imprevedibili e fonte di caos organizzativoE’ curioso che modelli gestionali mancanti di supporto giuridico, si trovino di fronte ostacoli privi di esistenza corporea, piuttosto che barriere costituite da qualcosa di concretamente visibile e tangibile. In altre parole, quando il legislatore non impone espressamente divieti, entra in gioco il vertice politico/amministrativo per individuare veti e limiti, piuttosto che utilizzare la creatività per approfittare delle numerose opportunità offerte. Una di queste è rappresentata dal controllo budgetario, che, se utilizzato nella giusta direzione, potrà dar vita ad un circolo virtuoso capace di verificare in anticipo i margini di successo delle aspettative. In caso contrario, si continueranno ad affrontare i problemi quando ormai si sono manifestati, ricorrendo a continue misure di urgenza per porre rimedio agli effetti prodotti dagli eventi. Un modello organizzativo costruito su queste fondamenta è tipico di quelle Organizzazioni Pubbliche che sviluppano la propria attività secondo il principio delle “priorità rincorse”. In altre parole, le fasi istruttorie si esauriscono con la produzione di atti amministrativi che non risolvono problemi, ma ne generano altri, facendo sì che il tempo sia perennemente occupato da risorse umane impegnate a ricercare le cause che hanno partorito divergenze rispetto alle attese. Anziché porsi domande sul perché un procedimento è stato istruito rispettando un particolare dettato, sarebbe opportuno chiedersi il perché sia successo: in questo modo, l’attenzione si sposterebbe dalla persona al problema, consentendo lo sviluppo di discussioni che possono portare a cambiamenti organizzativi. Nel contesto attuale, una struttura di controllo a posteriori non sembra, pertanto, più adatta ad una Pubblica Amministrazione impegnata a fornire risposte immediate ai dilemmi che da tempo assillano la Comunità. In altri termini, non è più accettabile attendere risposte e riceverle quando l’attenzione si è spostata su altre questioni, altrimenti nessun output potrà essere adeguato ai bisogni che, in quel momento, sono da soddisfare. L’Amministrazione Pubblica dovrebbe impostare la propria attività per “priorità trascorse”, attraverso l’implementazione di modelli che includano, nelle fasi istruttorie, una visione prospettica dei possibili effetti che si possono manifestare. Anziché ragionare in termini di azioni di feedback, è necessario attivarsi per incoraggiare forze di feedforward, con le quali reazioni e risposte sono elaborate prima ancora che i fatti si svolgano. In quest’ottica, il Public Budgetary Control potrà coadiuvare tutta la struttura organizzativa se sarà inteso come insieme coordinato di attività che consentono di definire in anticipo i procedimenti amministrativo/burocratici da sviluppare nell’esercizio futuro. Così interpretato, si configura come il più potente strumento feedforward, a disposizione di un Amministratore Pubblico attento alle problematiche della Comunità di riferimento sulla quale esercita il mandato elettorale. Gli operatori del settore potranno essere istruiti ad utilizzare l’esperienza acquisita per individuare:
- i termini del problema;
- gli eventuali impedimenti;
- le alternative possibili.
Il personale, una volta investito della conoscenza, saprà svolgere azioni molto più produttive potendo finalmente “usare il proprio orologio per aiutare sé stesso ad imparare come dire che ore sono”, piuttosto che “usarlo per dire a sé stesso che ore sono”. Le attività di natura prospettica consentiranno di intervenire sulle variabili in gioco, potendo scegliere tra diverse alternative, affinché sia possibile immaginare i risultati prima che si verifichino ed affrontare i problemi prima che sia troppo tardi.
AutoreEmanuele COSTA
Pubblicato suSemplice n° 9/Settembre 2013 con il titolo «Il Controllo di Gestione - Public Budgetary Control»

15 February 2014

Ragione e motivazione

L'essere umano è di per sé ambiguo e misterioso. Questo punto interrogativo che, virtualmente, si colloca sopra il capo di ciascuno non consiste nella rappresentazione immaginaria di quel filo invisibile che, se tagliato, consente di passare dalla dimensione terrena a quella spirituale. E' semplicemente un simbolo che, a seconda della sua grandezza, è in grado di conferire più o meno credibilità al soggetto nei rapporti interpersonali. E quando si ascolta un individuo mentre è impegnato a fornire le giustificazioni più disparate che lo hanno indotto ad adottare un certo comportamento, in realtà non si recepisce altro messaggio se non quello che l'interlocutore non riesce più a sopportare il peso di quell'incognita che staziona sopra la testa e che il trascorrere del tempo ha contribuito ad ingigantirla. Poiché la vita terrena consiste in un insieme di fotogrammi, che, messi in sequenza, determinano la condotta individuale, ecco svelato uno dei misteri esistenziali: non esistono le ragioni di una scelta, ma si possono trovare le motivazioni che influenzano e producono una decisione. Non è un caso se, in ambito filosofico, ragione e motivazione sono tenute a debita distanza. La ragione consiste in una pura facoltà che è oggetto di sfruttamento per esprimere il proprio pensiero, rivolgendosi, principalmente, ad argomenti astratti, privi di alcun fondamento, essendo imperniati esclusivamente su un calcolo di convenienza. Si tratta di una caratteristica che appartiene anche al mondo animale ed a quello artificiale. La motivazione, al contrario, non è altro che l'espressione dei motivi che spingono un individuo a compiere una specifica azione, ossia un insieme di stimoli che determinano l'adozione di un comportamento. Se non si presta la dovuta attenzione all'interpretazione del significato che le parole vogliono dire, allora è facile essere tratti in inganno, con la conseguenza che i fatti raccontati possono non risultare così incontrovertibili come decantati. Ecco, quindi, che la spiegazione della delibera di una particolare politica può non essere motivo di orgoglio e di vanto, perché potrebbe celare un risultato diametralmente opposto a quello che, con oculati giri di parole, si è voluto far intendere. Quando un Amministratore pubblico esalta, con enfasi, la realizzazione di un'opera sul territorio, spesso tralascia, volutamente, la descrizione di particolari essenziali che sono gravati (con certezza) sui Cittadini, per mettere in evidenza solo gli aspetti positivi di un potenziale risultato finale (che rimane, però, incerto). E' come se in una Città tetra ed oscura, come era Berlino Est anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, il Governo dell'allora Repubblica Democratica Tedesca si fosse vantato di aver costruito il Muro grazie al quale tutta una zona di borderline era stata ampiamente illuminata. Inoltre, ci sarebbe poco da gongolarsi se, ad esempio, nel ristrutturare un'area destinata al divertimento dei bambini, si è intervenuti in un certo modo per scongiurare infortuni di sorta, senza però tenere conto di come affrontare le impellenti attività ludiche degli amici a quattro zampe per le strade cittadine. Pertanto, se da un lato può essere accettabile e condivisibile rinunciare ad una posizione di vertice per lasciare ampio spazio alle nuove generazioni, altrettanto accettabile e condivisibile dovrebbe essere la speranza che i candidati prescelti a sostenere una lista appartengano ad una leva più giovane. In caso contrario, sarebbe come rivolgersi ad un chirurgo estetico per una plastica facciale, in modo da risultare agli occhi del pubblico ancora tonico e attraente, ma lasciare il resto del corpo in uno stato flaccido e claudicante per effetto dell'avanzare inesorabile del tempo e dell'età. La Città di oggi, qualunque ne sia la conformazione geografica, è lasciata in balia dello sponsor del "chissenefrega", facile preda di opportunismi personali o di parte e non di opportunità da sfruttare nell'interesse generale e per il benessere collettivo. La Città, in sintesi, è sempre più malata e deve essere curata per evitare l'aggravarsi di una patologia che rischia di diventare cronica. A differenza del corpo umano, la gestione del bene pubblico non richiede l'aiuto della scienza medica. Il tessuto economico e sociale di uno specifico territorio non ha nulla in comune con quello cutaneo, ma se si vuole pervicacemente insistere in questa direzione, si abbia almeno il buon senso o la decenza di non lamentarsi se il corpo della Città collasserà sotto il peso dell'incapacità amministrativa o, nella peggiore delle ipotesi, di fronte all'improvvisazione dei programmi e degli interventi morirà di infarto!
AutoreEmanuele COSTA
Pubblicato suwww.tigulliana.org (nella Rubrica "Diritto di Parola") del 15 febbraio 2014 con il titolo «Ragione e motivazione»

1 February 2014

Il politicante della città perduta

L'approssimarsi di una competizione elettorale è sempre un'esperienza affascinante. E' come assistere ad uno spettacolo nel quale i diversi personaggi, noti o sconosciuti al pubblico, riescono ad intrecciarsi fra loro per sottoscrivere cartelli di alleanze, pronti per essere smentiti al sorgere del minimo sospetto. Un conto, però, è la finzione romanzata in un cortometraggio. Un altro è la realtà evidente che riserva la vita quotidiana. Se si preferisce accomodarsi in una sala cinematografica, è possibile rilassarsi con la proiezione del racconto di Edgar Rice BURROUGHS: "Tarzan - Il mistero della città perduta". E se si ha la pazienza di seguire, per filo e per segno, l'intera sceneggiatura, ci si potrà rendere conto dell'esistenza di qualche punto di contatto con lo scenario che precede, in un paese, la chiamata alle urne. Infatti, alla vigilia di una scadenza elettorale, il Cittadino è perennemente turbato da un incubo ricorrente, nel quale intravede la sua città minacciata. Proprio come nel film, quando Jane PORTER, in procinto di unirsi in matrimonio con Tarzan, è sconvolta da un sogno premonitore, nel quale avverte che il suo paese è in pericolo. L'inquietudine che perseguita il Cittadino, però, lo spinge ad aprire gli occhi per evitare che la città nella quale alberga possa essere depredata di quelle poche risorse, naturali e non, che ancora è in grado di offrire e che gli appartengono a tutti gli effetti. Ed è proprio a questo punto che le strade (o meglio, le trame) si dividono. Come in tutti i racconti fantastici, la vicenda si indirizza verso un lieto fine. La realtà dei fatti, al contrario, tende ad incamminarsi lentamente per sentieri impervi e misteriosi. Infatti, mentre Tarzan, per difendere il paese dai predoni, passa acrobaticamente da una liana ad un'altra, nella realtà gli abitanti di una città assistono ad uno spettacolo completamente diverso. E' il politicante che passa da una recluta ad un'altra nella speranza di mettere insieme un esercito di marionette in grado di sconfiggere gli antagonisti. Ma il grattacapo che attanaglia il politicante (non certo il politico con la "P" maiuscola) è che, spesso e volentieri, tende a comportarsi come un assorbente. Il suo scopo non è quello di pensare, riflettere, ponderare e valutare (perché non ne è capace), ma quello di captare le idee degli altri, ossia dei cosiddetti "uomini della strada" per poter cucinare il suo minestrone di programma. Il problema che sorge in seguito a questa tipologia di condotta organizzativa sfocia nell'improvvisazione, nell'incoerenza della programmazione e, logicamente, nella superficialità delle decisioni. Ciò si verifica poiché quando si partorisce un'idea, il pensatore generalmente la esplode nelle sue potenziali conseguenze, cercando di individuare il percorso critico ottimale per realizzarla. Se, al contrario, si copia (o si ruba) l'altrui idea, si corre il rischio di ignorarne le origini, le finalità e gli strumenti attuativi, con la triste conseguenza di dar vita ad un mostro. In aggiunta, la scivolosità (intesa come sinonimo di "viscidità", la cui cacofonia è poco gradevole) di certi politicanti si manifesta in maniera assai subdola e consiste in corteggiamenti, complimenti e incoraggiamenti, per poi sfociare, dopo aver avvolto la vittima di saliva, in promesse di candidature che, in occasione di incontri "carbonari" sono prontamente smentite per potersi garantire l'appoggio di qualche "potente". Questi personaggi credono, in cuor loro, di avere qualcosa di vischioso, nel senso che, una volta adocchiata la recluta (spesso considerata alla stregua di un novellino o di un pivello) e addolcito il piatto, questa rimane attaccata come l'insetto sulla ragnatela. Ed è proprio allora che emerge la puerilità di certi atteggiamenti, fatti di vezzeggiativi che racchiudono in sé elementi dispregiativi, che si collocano oltre il confine del rispetto e della stima. Peccato che questa filosofia comportamentale era già stata ben descritta dallo psicologo canadese Eric Leonard BERNSTEIN, creatore della teoria dell'analisi transazionale, nel libro "What do you say after you say hello?" (Grove Press, 1972). Anche se il riferimento originario era al contesto lavorativo, non sussiste alcuna difficoltà nel calarne la morale in ambito politico, per lasciare al lettore o al politicante la libertà di potergli dare l'interpretazione che meglio si adatta alla propria personalità: «Cosa attribuisce al dirigente superiore il "diritto" di parlare ad un operaio come ad un bambino? Aiutando le persone a notare il modo in cui si comportano, è possibile aiutarle anche a cambiare il loro approccio in modo costruttivo, così da evitare irritazioni e spiacevolezze».
AutoreEmanuele COSTA
Pubblicato suwww.tigulliana.org (nella Rubrica "Diritto di Parola") del 01 febbraio 2014 con il titolo «Il politicante della città perduta»