29 April 2012

Nella Pubblica Amministrazione non servono "veterinari"

Nel piano “e-government 2012”, realizzato dal Ministro per la Pubblica Amministrazione e Innovazione Renato BRUNETTA, sono tracciate le linee guida di alcuni progetti innovativi, che si propongono di rilanciare l’attività dell’intero Settore Pubblico, annullando quel ritardo tecnologico, che costituisce uno dei principali fattori scatenanti l’inefficienza amministrativa. Il progetto, ambizioso per contenuti e finalità, se perseguito con particolare caparbietà applicativa consentirà alla Pubblica Amministrazione di effettuare quel salto di qualità necessario per migliorare le prestazioni, ridurre i tempi di attesa e garantire un ampio accesso agli atti da parte di Cittadini e Organizzazioni, attraverso la diffusione della capacità di utilizzo delle tecnologie informatiche. In altre parole, il target sarà quello di disegnare un percorso attraverso il quale l’intero Settore Pubblico possa gradualmente liberararsi da quella “palla al piede”, che, da più parti, è considerata la causa principale che rallenta l’intero sistema produttivo, per diventare motore trainante dello sviluppo economico nazionale. Occorre, in sintesi, recuperare quel ritardo accumulato negli anni attraverso una riorganizzazione amministrativa capace di comprimere gli oneri di funzionamento della macchina burocratica e liberare energie per rafforzare, congiuntamente, competitività, crescita e occupazione. In realtà, il piano si spinge oltre, facendo riferimento al superamento (e non al solo recupero) del deficit temporale accumulato, per sancire chiaramente che l’obiettivo non è quello di stare al passo con i tempi, ma, addirittura, “giocare in anticipo” rispetto alle aspettative latenti. Statisticamente, la Pubblica Amministrazione incide sulla ricchezza prodotta dal Paese per circa il 20% con la discriminante, rispetto alle altre realtà, che si tratta di un settore protetto e non soggetto a regole concorrenziali. Infatti, è opinione condivisa che il Settore Pubblico, non operando in regime di libera concorrenza, non riceva dal mercato quegli stimoli che, in linea con la teoria del condizionamento classico, lo spinge ad agire attraverso l’adozione di comportamenti finalizzati alla produzione di beni e/o erogazione di servizi più efficienti, ottenuti attraverso un’oculata combinazione di risorse e, in definitiva, riducendo gli sprechi. Ragionando per assurdo, si potrebbe anche sostenere che l’assenza di concorrenza costituisce un falso problema se giustamente collocato all’interno di una filosofia di pensiero, che analizza la fattispecie da un’angolazione differente. E’ possibile affermare che la Pubblica Amministrazione, sia essa locale o nazionale, pur operando in monopolio sul territorio di competenza, si colloca oggettivamente in diretta concorrenza con altre realtà simili (Comuni, Province, Regioni o Stati), perché il successo di una specifica politica amministrativa può misurarsi attraverso un tasso di soddisfazione dei bisogni dei Cittadini migliore rispetto a quello degli altri operatori. Così inquadrato, il concetto di concorrenza entra ugualmente in gioco, estendendo l’interpretazione del fenomeno ad una rilevazione della competizione non più imperniata sui costi sostenuti per la produzione di beni/servizi, ma sui risultati raggiunti nella loro erogazione. Operando in questa direzione, sarà possibile confrontare i procedimenti attuati dalle singole Amministrazioni Pubbliche, mettendo in evidenza “best practice”, ossia gli esempi migliori di gestione amministrativa, che andranno a costituire il parametro di riferimento per la misurazione delle performance. Il fallimento dell’azione amministrativa, per contro, troverà quantificazione nel ritardo con il quale si affrontano le esigenze dei Cittadini, che sono attuali e chiedono risposte tempestive, in linea con il pensiero del Ministro Renato BRUNETTA che, più volte, ha chiamato in causa la tecnologia per consentire di collocare il Cittadino al centro dell’azione amministrativa. Questa è la sfida che la Pubblica Amministrazione dovrà affrontare nei prossimi anni. Il ritardo accumulato nel passato ha assunto dimensioni insopportabili e sarà necessario “inserire la quarta” o, in alternativa, “togliere il freno a mano”, per lanciare la Pubblica Amministrazione in una corsa allo sviluppo tecnologico, capace di produrre solo risultati positivi in termini di risparmio di risorse pubbliche. La fotografia di oggi è una rappresentazione che evidenzia una Pubblica Amministrazione ancorata ad investimenti informatici obsoleti, con ripercussioni negative sui servizi offerti agli utenti del Settore Pubblico. Innovare, com’è scritto nel piano ministeriale «non significa procedere all’acquisto di macchinari, prevalentemente informatici, da mettere al servizio delle cose che già si fanno per continuare a farle sempre nello stesso modo», ma occorre agire sul coeffiente di produttività, affinché dal suo miglioramento possa derivare una riduzione dei costi operativi. In sostanza, il piano “e-government 2012” si propone di agire sulla combinazione tra risorse umane e tecnologiche, rendendo indispensabile sviluppare percorsi formativi utili per una sua corretta implementazione nel sistema organizzativo. Sarà necessario sviluppare all’interno dell’Ente competenze e conoscenze per iniziare a costruire l’impalcatura di un’Amministrazione digitale, non essendo più ammissibile l’esistenza di Uffici dotati di tecnologie arretrate dove l’utilizzo degli applicativi informatici sono ignorati perché le Amministrazioni non hanno destinato risorse agli investimenti in corsi di formazione. Il processo di alfabetizzazione informatica è oggi sempre più necessario sia all’interno dell’Ente, sia tra la popolazione, in modo che ogni Cittadino possa interagire con gli Uffici direttamente da casa senza perdere tempo in coda allo sportello e, contemporaneamente, evitando di far perdere tempo agli addetti per operazioni che non richiedono più l’intervento umano diretto. Ad ogni Cittadino che ne farà richiesta, sarà fornita una  Posta Elettronica Certificata (PEC) gratuita e senza spese, con la quale sarà possibile entrare in contatto con gli uffici pubblici per fare qualsiasi tipo di richiesta o di prenotazione, in tempi rapidissimi e senza ritardi. Purtroppo, ancora oggi, ciò che colpisce l’attenzione è la presenza di montagne di carta che riducono lo spazio e costringono gli operatori a lavorare in ambienti ristretti e poco salutari, comportando, altresì, un dispendio di tempo e di energie per l’archiviazione, la ricerca e la produzione di un documento. Ciò che non si riesce ancora a comprendere è che la maggior parte dei costi dei procedimenti attivati dalla Pubblica Amministrazione trova dimora nella carta utilizzata e nel tempo dedicato per la sua materializzazione. Se la parola d’ordine è, quindi, “dematerializzare” gli atti per sviluppare un’Amministrazione digitale, occorre essere consapevoli che esistono Dirigenti restii al cambiamento che, al contrario, impongono la proliferazione di appunti, post-it e altri strumenti solo per lasciare traccia di ciò che si fa, perché l’unica cosa che la loro cultura conosce di digitale sono le impronte. Il beneficio che deriva dalla dematerializzazione dei documenti è immenso e non si limita solo a quello connesso alla riduzione dei costi della produzione amministrativa, ma impatta anche sulla riduzione dei tempi dedicati all’archiviazione fisica degli atti e alla loro ricerca. Ma se negli Uffici pubblici si vorrà continuare ad imporre l’uso della lingua burocratese, allora non ci si dovrà meravigliare quando si afferma orgogliosamente di avere la squadra migliore e poi, di fronte all’interrogativo sulla necessità di inserire all’interno una “best practice”, ci si sente rispondere che di veterinari la Pubblica Amministrazione non ne ha bisogno!
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Semplice11/Novembre 2009 con il titolo «Nella Pubblica Amministrazione non servono "veterinari"»

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